Riflettori puntati in questo periodo - grazie soprattutto agli esempi di ex-allievi in ambito politico e governativo - su scuole ignaziane, proposta, metodo educativo. Ma cosa significa studiare dai Gesuiti? "L'educazione ignaziana, o educazione dei Gesuiti, è una forma di educazione che mette al centro la persona - spiega padre Eraldo Cacchione, responsabile della pastorale scolastica della Fondazione Gesuiti Educazione -: entrambi, sia la persona dell'insegnante sia la persona dello studente, ciascuno con il proprio contributo".
Di fatto, dunque, "è una educazione che propone un 'incontro personale' il quale innesca, per così dire, percorsi di crescita accademica, umana e spirituale attraverso una serie ampia e articolata di input cognitivi e affettivi, individuali e comunitari, che lavorano in profondità". Per quanto riguarda lo studente, rileva il gesuita, "il vivere appieno l'educazione ignaziana permette di diventare gradualmente consapevole di essere più che dotato da Dio di talenti, che ne fanno una persona 'di valore', e cosciente di essere pienamente adeguato a prendere una parte attiva nella vita adulta, in una comunità in cui può essere di servizio per gli altri e con gli altri, donando il proprio essere competente, cosciente, compassionevole, pieno di fede e di amore per la giustizia".
A livello storico, "inizialmente l'accento dell'educazione ignaziana era posto sul portare avanti un curriculum del tutto 'nostro' (la Ratio Studiorum), frutto dell'elaborazione del patrimonio dell'Umanesimo Cristiano da parte di gruppi di gesuiti provenienti da diverse parti del mondo, in un sistema scolastico che aveva le cadenze e i tempi di una società che ora non c'è più". Dopo la Rivoluzione Francese, con la nascita degli Stati Nazionali ogni Nazione si è dotata di un sistema di istruzione per tutti, con un curriculum scolastico controllato dallo Stato, nella lingua di quello Stato.
"Ciò ha reso non più 'unitario' il percorso curricolare delle scuole dei Gesuiti - osserva padre Cacchione -. Dall'altra parte l'educazione dei Gesuiti è divenuta inculturata in ogni parte del globo, con un nucleo comune e molte differenze dovute alle culture locali e alle esigenze dei curricula statali". Nella seconda parte del XX secolo, inoltre, il ridotto numero di vocazioni religiose ha reso minore (e a volte minimo) il contribuito diretto dei padri gesuiti, favorendo l'arrivo di laici formati alla spiritualità e alla pedagogia ignaziana.
"Io ritengo che il 'nucleo comune' che resta nel tempo, quasi come un 'timbro' o una 'firma' dell'educazione ignaziana, sia questo: una educazione che veda il curriculum e l'accademia non come un fine ma come un mezzo, e la persona dello studente da 'educare' (e non solo 'istruire'), come il cuore di ogni processo formativo che si porta avanti nelle nostre scuole".
Un altro fattore "è l'enorme quantità di tempo ed energie devolute da chi educa a favore dei ragazzi: l'educazione ignaziana non si esaurisce nelle ora di scuola passate nelle mattine in aula, ma ha come parte integrante anche i pomeriggi, i sabati, le domeniche, le uscite formative, la partecipazione a gruppi di formazione cristiana o ad altre attività (sport, musica...), tutte attività intenzionalmente concepite come occasioni educative e che concorrono alla 'formazione integrale della persona'".
Questo 'segno', conclude il gesuita, "traspare in una attitudine 'sociale' rispetto al sapere: il sapere smette di essere concepito come un bene individuale e diventa piuttosto un bene 'sociale' da mettere al servizio degli altri".