TRENTO - "Servono certamente persone istruite, non eccessivamente specializzate, ma brave a imparare, a guidare gli altri: queste sono competenze che servono in tutti gli ambiti". A dirlo è stato David Autor, professore e direttore associato del dipartimento di economia del Mit, che studia nello specifico l'impatto dei cambiamenti economici sul mercato del lavoro. Ha parlato al Festival dell'economia a Trento, in un incontro dal titolo "Meglio un lavoro oggi o una tecnologia domani". "Non so dire - ha aggiunto - se nel futuro prossimo serviranno più filosofi o fisici o ingegneri. Certo è che servono competenze non solo specialistiche. Non basta però essere bravi e intelligenti, serve anche sapere qualcosa in un settore specifico, come ad esempio emettere un diagnosi, in ambito medico. L'automazione può aiutarci quando ci sono istruzioni tecniche specifiche che vanno seguite: questo possono farlo anche le macchine, mentre l'empatia e la capacità di comprendere gli altri sono difficili da insegnare alle macchine, ma tutte le persone le posseggono". "Le persone che hanno successo, più successo delle altre - ha poi aggiunto - sono quelle che hanno una formazione di base buona e la applicano". "Pensiamo - ha continuato - all'apprendistato tedesco: c'è anche una formazione generica, non solo settoriale". Quanto alla paura per la tecnologia, il timore con cui una parte dei lavoratori la affrontano, "pensate se vi dicessi che in futuro nessuno dovrà più occuparsi di pulizie o di servire ai tavoli. Piacerebbe credo. Il punto però sono anche i tempi: se accadesse domani, molti resterebbero senza lavoro". Posizioni che hanno trovato concordi Chiara Criscuolo, senior economist dell'Ocse, e Elisabetta Caldera, direttore risorse umane di Vodafone Italia. "Per le imprese oggi - ha affermato Criscuolo - non è sufficiente inventare il chip più veloce o introdurre un principio attivo in una medicina, ma fare investimenti non tecnologici, come brand o design. Non è importante solo capire se serviranno ingegneri o filosofi, ma anche che la crescita delle imprese possa avvenire senza eccessivi ostacoli burocratici. E aiuta avere persone differenti tra loro per multuculturalità e multidisciplinarietà" "E' difficile per un'impresa - ha concordato Caldera - prevedere le professioni: la migliore competenza e la più sostenibile nel futuro è imparare a imparare e non innamorarsi di ciò che oggi si sa fare, avere il coraggio di cambiare. E' un cambio di paradigma, che non coinvolge solo le imprese, ma anche le persone. Il modo migliore per inquadrare la mobilità sociale, sapendo che c'è diffidenza e tensione nei confronti della tecnologia, è parlare di mobilità della conoscenza, ma consapevoli che, come dice Autor, un essere umano ha grado di conoscenza implicita tanto rilevante che la macchina non potrà mai sostituire e che invece permette di liberare tempo di qualità". (ANSA).
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