TRENTO - "Se miniamo la fiducia nella globalizzazione, impediremo una gestione oculata della stessa, aprendo la strada ai populismi. Dobbiamo concentrare le nostre energie sui problemi reali, ma siamo purtroppo ancora molto lontani". Ad affermarlo, al Festival dell'economia a Trento, Dani Rodrik, docente in atenei quali quelli di Londra e Harvard e autore tra l'altro del libro "La globalizzazione intelligente".
"La forza motrice che determina le disuguaglianze globali - ha continuato Rodrik - è basata sulle differenze tra le diverse regioni del mondo. Si tratta però di una disuguaglianza che i tassi di crescita stanno riducendo. La Cina, ad esempio, ha portato centinaia di milioni di persone verso il ceto medio, e questo grazie alla globalizzazione che ha consentito un enorme aumento delle esportazioni".
"Abbiamo bisogno - ha concluso - di un minimo comun denominatore, un'eccessiva eterogeneità è negativa per il mantenimento della fiducia sociale, che richiede una rete di sicurezza condivisa". L'esempio portato da Rodrik è la Cina "che ha cavalcato la globalizzazione senza aver fatto cadere tutte le barriere, ha aperto la finestra mettendo la zanzariera, una globalizzazione gestita dunque: il miglior esempio che ci fa capire come esistono argomenti a favore di una maggiore mobilità del lavoro, ma anche altri a favore di limiti alla mobilità, ed è proprio qui che va cercato il compromesso". Ma attenzione: "La Cina è un esempio, non un modello da seguire".
In collaborazione con: