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Con il racconto dei pazienti migliora la gestione delle cure

Medicina narrativa mette in luce difficoltà ma anche possibilità

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Ascoltare i malati e i loro familiari per capire meglio le loro esigenze e individuare nuove possibilità di cura: questo è l'obiettivo della medicina narrativa, che mira, in parallelo alla evidence-based medicine, a migliorare la gestione della malattia e l'efficacia stessa degli interventi terapeutici. Su questo si basa lo studio Praxis, pubblicato sulla rivista Bmj Open, il primo in Italia a fotografare il vissuto delle persone con Sindrome Prader-Willi, malattia genetica rara che porta ad una grave forma di obesità infantile.
Lo studio, commenta Maria Giulia Marini, Innovation and Scientific Director della Fondazione Istud e presidente di Eunnames (EUropean NArrative MEdicine Society), "ci ha permesso di portare alla luce aspetti emotivi e sociali, dalle difficoltà di vita quotidiana alla grande energia creativa di queste persone, ma ha anche permesso di identificare quali sono gli ostacoli e le risorse per offrire un percorso di cura ottimale e contenere lo stigma sociale". Attraverso i racconti di pazienti e caregiver, spiega Antonino Crinò dell'Ospedale Bambino Gesù di Palidoro e del Centro Malattie Rare Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, "abbiamo potuto conoscere le conseguenze che la diagnosi della malattia ha avuto nella vita di queste persone, quali bisogni e quali problematiche ha creato nelle loro famiglie. Aver sentito per diretta voce nelle narrazioni dei pazienti e dei caregivers e ascoltato le loro sofferenze - aggiunge - ci dà informazioni preziose per migliorare la gestione multiprofessionale della malattia, spesso difficile, soprattutto nell'età adolescenziale e nell'adulto".
Il progetto Praxis, promosso da Sandoz, ha però permesso di mettere in luce anche le speciali capacità dei pazienti Prader-Willi, come le abilità visive e creative, che possono fare la differenza non solo nell'integrazione sociale di queste persone, ma anche nel trattamento della malattia. "È importante - spiega Letizia Ragusa, dell'Oasi Santa Maria Santissima di Troina e a capo dello studio Praxis - impegnare i momenti liberi dei ragazzi con attività ludiche e ricreative, come la piscina, la musica, la pittura o le attività di rilassamento. Le persone con questa malattia - conclude - sono molto precise, tenerle impegnate può portarle ad avere grandi gratificazioni e allontanarli così dalla loro ossessione per il cibo".

In collaborazione con:
Sandoz

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