"Preferirei una Ryder Cup a porte
chiuse piuttosto che non giocarla. Per l'atmosfera e le
sensazioni sarebbe certamente qualcosa di inimmaginabile ma se
questa fosse l'unica possibilità, con l'opzione di un rinvio al
2021 non percorribile, non avrei dubbi".
Ryder Cup 2020, c'è una voce fuori dal coro: è quella di Henrik
Stenson, vicecampione olimpico ai Giochi di Rio 2016 e tra i
protagonisti dell'euro-trionfo alla Ryder 2018 di Parigi. Il
golfista svedese, pur ammettendo che l'ipotesi di disputare un
evento - quello di settembre (25-27) nel Wisconsin - senza
spettatori (a causa dell'emergenza sanitaria) sarebbe a dir
poco insolito, se non ci fossero altre soluzioni preferirebbe
senza dubbio che andasse in scena.
A tenere banco è anche il problema legato alle qualificazioni,
compromesse. Il calendario di tutti i circuiti mondiali è stato
infatti completamente stravolto dalla pandemia. "Abbiamo giocato
solo un terzo dei tornei e la ripartenza del ranking mondiale
maschile in concomitanza con il via al PGA Tour (previsto per
venerdì prossimo a Fort Worth, in Texas, col Charles Schwab
Challenge), non agevola il percorso dei giocatori europei, il
cui circuito ripartirà solo a luglio".
Al contrario di molti colleghi, da Rory McIlroy a Brooks Koepka
passando anche per Tommy Fleetwood e Jim Furyk, Stenson va
controcorrente. "Meglio una Ryder a porte chiuse piuttosto che
non giocarla".
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