Il coronavirus con la sua carica di emergenza e i suoi effetti devastanti sia sanitari sia sociali sembra aver avuto un effetto positivo sui rapporti tra ebrei ed arabi israeliani. Non si può dire lo stesso invece per quanto riguarda il rapporto tra gli ebrei ortodossi (haredim) e il resto della popolazione ebraica. Lo ha rivelato una ricerca dell'importante 'Israel Democracy Institute' abituato a scandagliare i comportamenti delle complessa società israeliana.
In base all'indagine, il 57% del campione totale ha detto dunque di ritenere che le relazioni tra le due componenti, quella ebraica e araba, siano migliorate durante il corso della pandemia. Se si scompone il dato medio, si scopre che ad esprimere questo giudizio è stata più la parte araba (65%) che quella ebraica (57%). Fatto sta che - secondo l'indagine - questo miglioramento si è verificato. Risultato totalmente diverso invece ha rivelato l'indagine nel rapporto tra la parte non ortodossa ebraica e gli ebrei ortodossi, tra i più restii a seguire le restrizioni imposte dalle autorità sanitarie e tra cui c'è stato un maggior numero di infezioni. Il 62% del campione ha sostenuto che il rapporto durante la pandemia è peggiorato contro un 25% che l'ha giudicato migliorato. La ricerca ha segnalato anche che nel campo schieratosi a favore di un miglioramento del rapporto sono più numerosi quelli di centro (29%), di destra (28%) e molto meno quelli di sinistra (17%). Non è un caso che il ministro degli interni e capo del partito religioso Shas, Arye Deri, dopo aver rivelato che il 70% dei malati di coronavirus in Israele sono haredim, abbia sollecitato "un esame di coscienza" tra gli ortodossi.
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