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Aumenta la pressione fiscale, è al 43,1%

Fisco

Aumenta la pressione fiscale, è al 43,1%

Studio della Cgia, stessa soglia del 2014. Nel 2020 a fisco, Inps e casse previdenziali 48,3mld in meno

VENEZIA, 17 aprile 2021, 09:42

Redazione ANSA

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Aumenta la pressione fiscale, è al 43,1% - RIPRODUZIONE RISERVATA

Aumenta la pressione fiscale, è al 43,1% - RIPRODUZIONE RISERVATA
Aumenta la pressione fiscale, è al 43,1% - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel 2020 la pressione fiscale è salita attestandosi al 43,1% , la stessa soglia toccata nel 2014, a soli 0,3 punti percentuali dal record storico che registrato nel 2013. Lo rileva la Cgia di Mestre sottolineando che la pressione fiscale è data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil.

    L'incremento di 0,7 punti percentuali rispetto al 2019 è ascrivibile in massima parte al crollo del Pil che l'anno scorso è sceso dell'8,9%. Anche le entrate fiscali e contributive hanno subito una forte contrazione del gettito (-6,3%). In termini assoluti il fisco, l'Inps e le casse previdenziali hanno riscosso 711 miliardi di euro, 48,3 miliardi in meno di quanto registrato nel 2019.

    Per la Cgia, è evidente che il carico fiscale complessivo che grava sulle famiglie e sulle imprese costituisce un grosso problema. Lo era prima della pandemia, figuriamoci adesso, con moltissime aziende a rischio chiusura e con tantissime persone scivolate verso la soglia di povertà. 

Anche per queste ragioni gli Artigiani mestrini tornano a ribadire che l'erogazione dei nuovi sostegni alle micro e piccole imprese che il Governo Draghi sta mettendo a punto in questi giorni deve essere accompagnata da un azzeramento del carico fiscale per l'anno in corso. Altrimenti si rischia che, una volta incassati, questi rimborsi vengano subito restituiti allo Stato sotto forma di imposte, tasse e contributi. Una partita di giro che si è già verificata l'anno scorso che per molti imprenditori ha rappresentato una vera e propria beffa. Questo taglio generalizzato di tasse e imposte erariali per tutto l'anno in corso costerebbe al fisco tra i 28/30 miliardi di euro. Una stima che è stata calcolata ipotizzando di consentire a tutte le attività economiche con un fatturato 2019 al di sotto del milione di euro di non versare per l'anno in corso l'Irpef, l'Ires e l'Imu sui capannoni. Queste aziende, che ammontano a circa 4,9 milioni di unità (pari all'89% circa del totale nazionale), dovrebbero comunque versare le tasse locali, in modo tale da non arrecare problemi di liquidità ai Sindaci e ai Presidenti di regione. Oltre all'azzeramento delle tasse, l'Ufficio studi della Cgia auspica che l'Esecutivo metta sul tavolo almeno altri 50 miliardi di euro entro il prossimo mese di luglio che consentano di rimborsare in misura maggiore di quanto è stato fatto sino a ora le perdite subite dalle aziende e permettano agli imprenditori di compensare anche una buona parte dei costi fissi sostenuti. Modalità, quest'ultima, che la Francia e la Germania hanno applicato da alcuni mesi, avendo recepito le nuove disposizioni introdotte dall'Ue in materia di aiuti di stato alle imprese. Costi, quelli fissi, che, nonostante l'obbligo di chiusura e il conseguente azzeramento dei ricavi, le attività economiche continuano a sostenere. Questo sforzo così importante, per la Cgia, deve essere fatto entro l'estate, periodo in cui, grazie agli effetti della campagna vaccinale e alle condizioni climatiche, si dovrebbe lasciare alle spalle la pandemia. 

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