(di Daniela Giammusso)
Dire "no, non accetto" il mondo così
come mi si presenta. Opporsi al potere così come ha saputo
imporsi. In una parola "disobbedire", come proposta politica.
Proprio alla "Disobbedienza" era dedicata la tappa a Napoli di
"Parole in viaggio", l'iniziativa organizzata da Marietti 1820
per celebrare i duecento anni della casa editrice, prevista per
domani, lunedì 20 aprile, al Teatro della Casa Regina Mundi di
Melito e annullata per le disposizioni per l'emergenza
Coronavirus.
Il viaggio in Italia di Marietti 1820 coinvolge nove città
italiane (a ognuna è associata una parola), proponendo undici
lezioni, uno spettacolo e una mostra di libri e documenti (il
programma dettagliato, che si avvale della collaborazione di
Bper banca, Emme promozione, Edimill e Tuna bites, è sul sito
www.mariettieditore.it/bicentenario). Incentrata appunto sulla
parola "Disobbedienza", la tappa campana era affidata a Goffredo
Fofi, saggista, critico cinematografico e letterario, fondatore
e direttore di riviste, tra cui Linea d'Ombra e Gli asini.
Autore di numerose pubblicazioni, Fofi ha partecipato a
esperienze di intervento sociale ed educativo dalla metà degli
anni Cinquanta a oggi. Collabora con Internazionale, Avvenire e
Il Sole 24 Ore. Per Marietti 1820 ha curato la nota di lettura a
una nuova traduzione del libro "La disobbedienza civile" di
Henry David Thoreau. In anteprima per l'ANSA, ecco un suo testo
dedicato al tema della disobbedienza.
DISOBBEDIENZA di Goffredo Fofi
Anche la disobbedienza civile può diventare l'occasione di
disquisizioni accademiche e salottiere, come purtroppo sta
avvenendo nel nostro paese inflazionato da intellettuali
parolai, da radical-chic (per la verità per niente radicali e
neanche davvero chic) che hanno letto La società dello
spettacolo di Guy Debord solo per imparar meglio a starci
vantaggiosamente dentro.
Come in genere avviene quando si parla di questo tema, potremmo
partire da Antigone e da Creonte, avendo ben presenti anche le
ragioni di Creonte, al livello più alto quelle di una convivenza
regolata da leggi, se accolte da tutti e non imposte dai pochi
sui tutti.
La sfida di Antigone è stata in definitiva la sfida di tanti
ribelli, non solo i non violenti, che hanno saputo dire di no a
leggi che consideravano ingiuste, ma un "no" di fatti e non solo
di parole. Più radicale di tutte, quella di Gesù che, quando
Satana gli offre tutte le meraviglie del mondo, dice di no e lo
caccia, affrontando coscientemente un destino che lo pone fuori
della legge e della norma correnti fino al sacrificio finale.
La storia si è ripetuta e si ripete, e se continuamente e
ossessivamente è il male a vincere, poiché la Creazione, diceva
Anna Maria Ortese sapendo in definitiva di ripetere quel che
tanti profeti hanno detto, è imperfetta, è allora compito e fine
dell'uomo metter mano a cambiarla, contribuire a migliorarla.
È in definitiva questa la triste dialettica della Storia,
dominata dai limiti e dai vizi, dall'imperfezione dell'uomo, e
però modificata in uno scontro incessante con le ingiustizie del
potere da quelli tra gli uomini che hanno saputo dire di no.
Quando era indispensabile o era semplicemente necessario, vero.
Oggi ancora, come sempre, c'è da qualche parte chi sa dire di no
alle ingiustizie dei potenti e all'ipocrisia delle leggi, e
spesso in modi imprevedibili (per esempio la giovane Greta,
sinora indomita come un'odierna Giovanna d'Arco). Ma "no" a chi?
Al Male nelle sue concretizzazioni sociali, istituzionali,
culturali; all'ingiustizia o all'approssimazione delle leggi;
alla difesa degli interessi di parte e al ripudio di una
solidarietà con la sua stessa specie.
Dire "non accetto" il mondo così come mi si presenta, il potere
così come ha saputo imporsi, la società come si è consolidata
nelle disparità e nell'ingiustizia - quel "non ci sto", quel "mi
rifiuto" di collaborare con ciò che considero ingiusto e cerco
di fare quel che posso perché le leggi cambino, perché un potere
nefasto sia abbattuto o condizionato, perché la solidarietà
prevalga sull'egoismo, questo "no" è il gesto che impedisce alla
storia di fermarsi. Di gesti di questo tipo, nel presente
squallore italico, nel nostro collettivo conformismo, nella
nostra generale approvazione, anche sottintesa, delle regole e
dei modelli imposti dall'onnivoro capitalismo post-mutazione, ci
sarebbe davvero bisogno.
La disobbedienza civile che per primo Thoreau ha teorizzato in
tempi moderni non è di per sé non violenta. Anche se la
disobbedienza civile non violenta è il punto più alto che
l'umanità abbia saputo proporre, da Gesù ad Antigone a Gandhi e
a tanti di cui sappiamo il nome, e a tanti, ancora di più, di
cui lo ignoriamo, nell'aspirazione a rendere il mondo un luogo
di giustizia e di pace, di solidarietà tra gli umani e di
"rispetto per la vita". Ma possiamo dire, senza esitare, che la
disobbedienza civile è la condizione fondamentale per tenere in
vita una democrazia reale, qui e ora. Non bastano libri,
articoli, riviste, corsi e convegni, non è sufficiente non fare
personalmente il male, occorre qualcosa di più, occorre che la
disobbedienza civile venga praticata. È indispensabile oggi
"perché il mondo continui", perché i tremendi poteri che ci
opprimono o addormentano cessino di mettere in atto la loro
forza distruttiva sugli uomini e sulla natura. La disobbedienza
civile è la proposta politica fondamentale per questo presente
che forse non avrà futuro, per far sì che si possa ancora
sperare in un domani.
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