"Vincenzo Agostino è stato da
trentacinque anni, insieme alla sua amatissima moglie Augusta
Schiera, da quel tormentoso 5 agosto 1989, una vedetta, una
sentinella, un vegliardo. Nonostante il buio della notte,
allorché nel suo spirito poteva scendere una schiacciante
angoscia, è diventato una fonte di incrollabile speranza per noi
tutti, per questa nostra terra martoriata e per l'intero Paese".
Lo ha detto l'arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice nel corso
dell'omelia durante la celebrazione dei funerali di Vincenzo
Agostino, 87 anni, padre di Nino il poliziotto ucciso dalla
mafia a Villagrazia di Carini insieme alla moglie Ida
Castellucci che era incinta. "La lunga barba bianca di Vincenzo
Agostino - ha proseguito - ha rappresentato per noi il segno
della resistenza attiva e proficua alla mafia e alle tante forme
del 'male strutturato" che ardiscono eliminare finanche - come
lui stesso ebbe a dire - il "bene di un figlio, di una nuora, di
un bambino mai conosciuto"; che sterminano Nino, un onesto e
accorto servitore dello Stato, la sua giovane moglie Ida e il
bambino che avevano concepito da pochi mesi; insanguina le
strade della città, sparge afflizione nelle case e nelle
famiglie, pianifica depistaggi, compra silenzi e connivenze
anche tra esponenti del potere politico e delle istituzioni
dello Stato".
Agostino "ha infuso speranza. Ha chiesto di non assopirci. Ci
ha provocati a non cadere nell'indifferenza deresponsabilizzante
e a non abituarci al male. Quella barba è quei capelli bianchi
che esaltavano i suoi occhi pieni di luce nonostante le tenebre,
sono stati per noi monito a rinnovarci, a rimanere desti, a
porre domande".
"È finita la fatica di Vincenzo. Ora ci è chiesto di
assumerla di portarla avanti noi. Il testimone passa a noi - ha
detto Lorefice - Siamo qui per questo, per continuare a vegliare
nella notte. È il modo migliore per dimostrare a tutti voi cari
congiunti, e in particolare a voi carissime Flora e Nunzia e a
voi nipoti, a te carissimo Nino, la nostra vicinanza e la nostra
gratitudine a papà e a nonno Vincenzo. In una città che ha
assistito al sacrificio di tanti uomini e donne delle
istituzioni, della società civile e della Chiesa palermitana,
possa la sua credibile e costante testimonianza continuare ad
essere uno sprone nella costruzione di una città degli uomini
giusta e solidale, libera dalle 'strutture di peccato' mafiose e
dalla corruzione e dalla falsità imperante".
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