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“Pensieri pandemici”, un ritiro di pace per riflettere sulla società nel tempo della crisi

PressRelease

“Pensieri pandemici”, un ritiro di pace per riflettere sulla società nel tempo della crisi

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Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK

Attraverso conversazioni e dibattiti nella cornice della splendida campagna toscana, Silvio Sposito teorizza i fondamenti di un rinnovato neoumanesimo

29 febbraio 2024, 13:48

NEW LIFE BOOK

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il tempo di stasi del periodo pandemico è stato, per certi versi, un’occasione irripetibile per riflettere, confrontarsi con sé stessi e trovare nuovi modi per interagire con gli altri. Una soluzione affascinante e dal notevole peso culturale, è certamente quella individuata da Silvio Sposito nel suo nuovo libro “Pensieri Pandemici”, pubblicato per Europa Edizioni: “In questo mio “collettore di pensieri diversi” suscitatomi dall’evenienza pandemica, che ci ha tutti colpiti in un modo o nell’altro, immagino che un gruppo di vecchi amici si isoli – nel corso del cosiddetto lockdown del 2020 – all’interno di una grande villa padronale nel mezzo della campagna aretina” spiega l’autore nella premessa all’opera. “Evidente è l’ispirazione – senza ovviamente alcuna velleità di emulazione letteraria – al Decameron di Giovanni Boccaccio, ma qui i dieci amici – cinque coppie sposate – non ingannano il tempo raccontandosi a vicenda meravigliose novelle, ma s’impegnano – è il caso di dire – in conversazioni e dibattiti su temi generali di ampio respiro, di genere storico, filosofico, ma anche scientifico e di attualità – questi ultimi naturalmente attinenti alla pandemia in corso”.

La pandemia, immediatamente associata dall’autore alle grandi catastrofi del passato, ha costretto tutti noi a confrontarci con quella parte della nostra esistenza che tendiamo più spesso ad allontanare, dimenticandola o provandone orrore: la morte. Una così massiccia e violenta diffusione della malattia rappresenta dunque quasi uno scandalo, un turbamento nella nostra convinzione di una vita lunga e serena, al sicuro dai turbamenti che il passato può aver portato con sé. È per “proteggersi” da questa minaccia che i protagonisti, per sottrarsi alle restrizioni del lockdown e al clima di incertezza e timore della città, decidono di rifugiarsi in una dimora di campagna di origine seicentesca nella provincia aretina. In questo luogo, presente, passato e futuro si fondono in un solo, unico tempo, in grado di aprire le porte alla sperimentazione e al dialogo in maniera straordinaria. I protagonisti stessi decidono infatti di cambiare i propri nomi, scegliendoli tra i personaggi del mondo antico, rinascimentale e dalla grande letteratura.

Silvio Sposito presenta un affresco variegato di argomenti, debitamente introdotti in ciascun capitolo da citazioni di poeti, scrittori, filosofi o scienziati, che in poche battute riescono a sintetizzare i grandi temi toccati dall’autore. Attraverso di essi si intesse una narrazione ricca di sfumature e riferimenti culturali, la quale riflette la complessità dell’esistenza umana, l’eterna contrapposizione tra il divino e il terreno, tra la conoscenza e l’ignoranza, tra la speranza e il disincanto.

Gli scambi tra i tanti personaggi non hanno nulla dell’angosciante allarmismo che dilaga nelle città, seppur prendendo le giuste precauzioni per il distanziamento interpersonale. Consapevoli della loro grande fortuna, desiderano impiegare il loro tempo con profitto, ma non nell’accezione grandemente diffusa dalla fretta del nostro mondo. Il profitto che desiderano trarre dal loro soggiorno agreste vuole essere animico e culturale, di riconnessione con la natura, di riscoperta della propria umanità schiacciata dalle logiche della globalizzazione e del potere economico.

L’autore offre una critica sottile, ma incisiva alla mentalità materialista e nichilista della società contemporanea. La denuncia si rivolge a un mondo apparentemente sordo ai campanelli di allarme ai quali siamo quotidianamente esposti, e che potrebbero approdare, come estrema conseguenza, a quello che Sposito definisce “un mercatismo ultracapitalista, intrinsecamente materialista, scientista e meccanicista, in cui il singolo individuo, ridotto ad insulso granello di un meccanismo infernale molto più grande di lui, deve cedere alla comunità i propri diritti civili in vista di un superiore e presunto bene comune collettivo”. A sostegno della sua tesi l’autore cita i lavori di tanti intellettuali del passato, spiegando ad esempio quanto Goethe, Schiller o Schelling – per citarne alcuni – già nel primo Ottocento tentassero di sollecitare una reazione al trionfo razional-materialistico che stava prendendo piede in Europa.

L’alternativa offerta da Sposito si configura nel cosiddetto “Neoumanesimo”, il quale si pone in contrapposizione al Transumanesimo verso il quale la nostra società sembra star virando. Se quest’ultima corrente, infatti, propone l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e delle tecnologie emergenti per accrescere le capacità fisiche e cognitive dell’essere umano, di fatto cercando di superare i limiti biologici tradizionali, il Neoumanesimo teorizzato dall’autore vorrebbe piuttosto riscoprire la centralità dell’essere umano nell’ordine del Cosmo. Non si tratta chiaramente di una centralità fisica o materiale, ma di una rinnovata consapevolezza dal punto di vista etico e spirituale. Al centro di questo movimento si pongono il rispetto per la vita e per l’ambiente, in una visione integrata dell’uomo e della natura. Questo cosiddetto “uomo neoumano e neomoderno” è dunque alla ricerca di un equilibrio tra il progresso scientifico e la saggezza ancestrale, tra la tecnologia e la spiritualità. Custode di una nuova consapevolezza, l’essere umano può ritrovare in sé stesso una nuova responsabilità, originata dalla sua capacità di scelta tra il Bene e il Male, tra la creatività e la schiavitù, tra il nichilismo e lo spiritualismo.

Silvio Sposito mostra un’ottima capacità di tessere una trama stratificata e coinvolgente, mescolando lo spirito rigorosamente argomentativo di un saggio con la piacevolezza di un romanzo. I dialoghi e gli scambi tra i personaggi offrono una varietà di prospettive e punti di vista, i quali danno vita a discussioni intense e stimolanti. Attraverso questa struttura l’autore riesce a esplorare in profondità argomenti complessi, mantenendo d’altra parte sempre viva l’attenzione del lettore. Inoltre, il suo stile è caratterizzato da un linguaggio ricco ed evocativo, che riesce a trasportare il lettore nelle ambientazioni descritte nel libro. Nonostante la complessità degli argomenti affrontati, l’autore riesce infatti a rendere accessibili concetti filosofici, scientifici e storici anche al lettore non specializzato, senza mai rinunciare alla profondità e alla complessità delle questioni trattate. La capacità di osservazione e mimesi di Sposito è dimostrata infine dalla sua maestria nel creare personaggi ben definiti e credibili, ciascuno con le proprie caratteristiche e opinioni.

Uno degli elementi più interessanti del libro è infatti rappresentato dal cambiamento di prospettiva dei personaggi nel corso del tempo, che riflette in certa misura le mutazioni delle convinzioni individuali durante la pandemia. Sviluppandosi in modo organico lungo il corso del libro, manifestano infatti una iniziale fiducia nelle strategie ufficiali di gestione della crisi, maturando poi un più critico disincanto.

“Pensieri Pandemici” evidenzia la centralità del pensiero critico come fondamento della libertà. Attraverso la ricchezza delle fonti interpellate l’autore sollecita una nuova attenzione verso l’anelito religioso e sulle dimensioni spirituali della nostra umanità, ponendo l’accento sull’importanza di mantenere un equilibrio tra il progresso scientifico e le radici culturali. È un’opera che offre un contributo significativo al dibattito contemporaneo, attraverso la quale esaminare in maniera critica il proprio rapporto con la scienza, la tecnologia e la spiritualità in un’epoca segnata da cambiamenti rapidi e sfide che interessano l’intera collettività.

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