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Coronavirus: +4.664% richieste cassa integrazione Lombardia

Economia e Territorio

Coronavirus: +4.664% richieste cassa integrazione Lombardia

Rilevazioni Fim Cisl 1/0 semestre, 382mila lavoratori coinvolti

MILANO, 30 settembre 2020, 12:47

Redazione ANSA

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"La pandemia ha impattato in modo inimmaginabile sulle situazioni di crisi dell'industria metalmeccanica lombarda". Lo afferma la Fim Cisl, secondo la quale da gennaio a fine giugno nella regione hanno chiesto accesso alla cassa integrazione un totale di 18.673 aziende contro le 392 di fine 2019 (+4.664%) e 382.885 lavoratori (+2.115%, erano 17.288 nel periodo precedente).
    "I dati dimostrano quanto l'impatto del Coronavirus sia stato profondo - commenta Andrea Donegà, segretario generale della Fim Cisl Lombardia - e quanto sia necessario che il piano per l'utilizzo del Recovery fund si concentri su: transizione tecnologica, formazione e politiche attive, investimenti a favore dei soggetti più deboli: permanendo il divieto di licenziamento e gli ammortizzatori sociali, temiamo un contraccolpo occupazionale nel 2021".
   Nel semestre in Lombardia in particolare aumenta il numero delle imprese coinvolte dalla cassa integrazione ordinaria (14.468 aziende contro le 359 del semestre precedente) e il numero di lavoratori coinvolti (339.248 contro i 15.343 del semestre precedente). Aumenta anche il numero delle imprese che hanno fatto ricorso alla cassa straordinaria intendendo, in questo caso, unicamente, la cassa integrazione in deroga, utilizzata da 4.195 aziende (24 nel semestre precedente) per un totale di 43.531 lavoratori coinvolti (1.762 nel semestre precedente). Secondo i dati Fim Cisl la mobilità, anche e soprattutto per il divieto ai licenziamenti imposto per decreto, resta praticamente costante per quel che riguarda il numero di aziende interessate, ovvero 10 (9 aziende nel semestre precedente) fissando a 106 il numero di lavoratori coinvolti (183 nel semestre precedente). "Temiamo che i lavoratori più colpiti, alla fine, saranno quelli a salario più basso, occupati in attività a bassi contenuto tecnologico e valore aggiunto, ai margini delle catene globali delle produzioni", conclude Donegà.

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