"In realtà l'imputato non ha
appiccato il fuoco e non aveva alcuna volontà omicida e
incendiaria". È cominciato così l'intervento dell'avvocato
Giovanni Garbagnati, difensore di Ousseynou Sy, il 47enne che il
20 marzo dell'anno scorso ha dirottato e incendiato un pullman
con a bordo una scolaresca di 50 ragazzini, due insegnanti e una
bidella e nei cui confronti la Procura ha chiesto 24 anni di
carcere per sequestro aggravato dalla finalità di terrorismo,
strage, incendio, lesioni e resistenza.
Sy, che segue l'udienza nell'aula bunker da dietro le sbarre,
una mascherina nera sul volto con la scritta 'l'Africa non
morirà mai' e la cartina del continente ricamate, renderà
dichiarazioni all'udienza di dopodomani, giorno in cui è attesa
la sentenza. Il difensore non ha negato che quella di Sy è
stata, come è scritto nella perizia con cui è stato dichiarata
la sua capacità di intendere e volere, "un'azione spropositata.
Un gesto clamoroso di denuncia di un pensiero che lo
tormentava", cioè le morti nel Mediterraneo.
Il legale, che ha chiesto l'assoluzione per il reato di
strage, ha sostenuto non solo che nessuno dei bimbi e dei
professori sul bus lo ha visto appiccare il fuoco con
l'accendigas, ma che la causa dell'incendio è da addebitare a un
cortocircuito che si è innescato in seguito allo speronamento
con l'auto dei carabinieri intervenuti per fermarlo. A
differenza di quel che ritengono l'accusa e le parti civili, per
la difesa non c'era dolo sebbene Sy abbia cosparso l'autobus di
benzina.
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