"Il 90% della popolazione italiana
abbandonò i territori ceduti alla Jugoslavia dopo il trattato di
Pace di Parigi del 10 febbraio 1947". E' la stima sull'esodo
giuliano dalmata illustrata dal presidente dell'Associazione
Italiani Fiumani nel Mondo Franco Papetti stamani nell'orazione
ufficiale per la seduta solenne del Consiglio regionale della
Liguria dedicata al Giorno del Ricordo. "Se ne andarono operai
ed intellettuali, uomini in vista e contadini. Se ne andarono
per fuggire al clima di repressione, insicurezza e paura
instaurato dal regime totalitario comunista jugoslavo, -
interviene Papetti - per sfuggire alla politica di
snazionalizzazione e anche per ragioni economiche legate
all'eliminazione della proprietà privata, alla nazionalizzazione
delle fabbriche, al livellamento degli stipendi. L'Italia si
dimostrò impreparata ad accogliere un così alto numero di
persone in quanto era completamente distrutta dalla guerra e
agli inizi di una dura ricostruzione".
Papetti ricorda come durante la Seconda Guerra Mondiale il
fascismo si pose "l'obiettivo della bonifica etnica per
italianizzare le zone abitate dagli slavi" invadendo la
Jugoslavia nel 1941 insieme alle potenze dell'Asse. Tensioni che
nel 1943 sfociarono nella tragedia delle foibe.
"La repressione partì dal movimento rivoluzionario jugoslavo che
si stava trasformando in regime convertendo, quindi, in violenza
di stato l'animosità nazionale ed ideologica diffusa nei quadri
partigiani per annettere alla nuova Jugoslavia tutta la Venezia
Giulia togliendo di mezzo quella classe dirigente che avrebbe
potuto difendere l'italianità di quelle terre", commenta.
Il presidente del Consiglio regionale Gianmarco Medusei ha fatto
osservare un minuto di silenzio in memoria delle vittime ed è
stato proiettato il filmato dell'Istituto Luce 'L'esodo degli
Italiani da Pola'. "Una tragedia che ha subito per oltre 50 anni
l'ostracismo della storia e che ha costituito un oltraggio per
le vittime tutte. - la definisce Medusei - Sia per quelli che
persero la vita nelle nere gole del Carso, come quelli che
furono costretti a fuggire per salvarsi".
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