ROMA - Espressione del lusso fin dalla prima età imperiale, così moderni nei motivi da far invidia oggi anche ai più raffinati designer contemporanei, ma testimonianza quasi "tattile" della voita antica. Alla Centrale Montemartini è un trionfo di policromie con la terza fase della mostra Colori dei Romani. I Mosaici dalle Collezioni Capitoline, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e che fino al 25 giugno "rivela" altre 16 opere appena restaurate e mai esposte, finalmente sottratte al buio dei depositi.
Con questa nuova tappa, l'esposizione, a cura di Claudio Parisi Presicce, Nadia Agnoli e Serena Guglielmi, estende il suo arco cronologico fino all'epoca tardo-antica e porta sulla scena mosaici a grandi tessere marmoree e l'opus sectile, raccolti nella nuova sezione "I colori del marmo".
"L'opus sectile - racconta Presicce - è una tecnica che si sviluppa soprattutto a partire dal III-IV secolo d.C. e adoperata principalmente nei grandi ambienti. I marmi colorati diventano una modalità di rappresentare la vita dei committenti e dei proprietari delle residenze, proprio per assecondare il loro bisogno di esprimere il lusso e le proprie possibilità di possedere materiali preziosi". Appartengono a questa categoria i mosaici in mostra provenienti dalle terme di Diocleziano: frammenti di tessellato a rara combinazione di marmi e porfidi rinvenuti nel corso degli scavi del 1873. Ma all'interno del percorso c'è anche il grande mosaico con motivi vegetali e uccelli proveniente da un sepolcro della necropoli della via Portuense, venuto alla luce nel 1926 durante la costruzione del primo tratto del nuovo viale della Circonvallazione Gianicolense, nei pressi della stazione di Trastevere.
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