(di Luciano Fioramonti)
Si affermò tra le
due guerre mondiali secondo divenendo scultore di spicco nell'
ambiente artistico della Capitale. Il suo capolavoro, La madre,
realizzato nel 1930 in marmo bianco di Carrara e collocato l'
anno successivo nell' atrio dell' ufficio delle Poste di
Grosseto piacque anche ad Adolf Hitler che ne volle una versione
a Berlino. Domenico Ponzi (1891-1973) pagò la fortuna ottenuta
in quegli anni con il disinteresse della critica nel dopoguerra.
Anticoli Corrado, il paese della provincia di Roma cenacolo
dall'Ottocento per decine di artisti italiani e stranieri dove
visse a lungo ed è sepolto, gli rende ora omaggio fino al primo
settembre con una mostra nel Museo Civico di Arte Moderna e
Contemporanea che riunisce 35 opere, dai bozzetti ai gruppi
scultorei, ai busti e ritratti di giovani donne del piccolo
borgo. Questa prima retrospettiva è l' occasione per riflettere
sull' attività di uno scultore solitario, impegnato in modo
particolare nel lavoro di introspezione psicologica dei
personaggi che ritraeva.
Ponzi era nato a Ravenna e arrivò Roma grazie ad un lavoro
per il Padiglione emiliano-romagnolo della Esposizione
Universale del 1911. Per il curatore Andea Iezzi la sua ricerca
fu improntata alla costruzione di un linguaggio "che uscisse
dalle strettoie dell' arte di Regime". Lo scultore, secondo lo
storico dell' arte, aveva elaborato una propria lettura dell'
immagine e una "poetica della ruralità" già prima dell' avvento
di Mussolini e adattò il suo stile alla retorica fascista. E' il
caso della decorazione di uno dei piloni del Ponte Duca D'Aosta,
o dell' opera inizialmente intitolata "Contro il destino" poi
presentata alla Biennale di Venezia come "Il Fascismo in
marcia". La stessa idea iniziale della scultura "La madre" si
richiamava alla strage degli innocenti ma la forza dell'
immagine la rese una icona dell' epoca. L' associazione per gli
scambi italo-tedeschi nel 1943 ne chiese una copia in marmo da
esporre a Berlino, dopo l'approvazione di Hitler. L'ambasciatore
del Fuhrer a Roma pare abbia esclamato vedendo l'opera: "Questa
è davvero una madre tedesca che protegge il figlio" ma l' autore
lo corresse: "No, eccellenza, si tratta di una madre italiana…".
A Roma Ponzi nel 1925 conobbe nello studio dello scultore
Attilio Selva la cognata dell' artista, Angelina Toppi, una
giovane anticolana di una famiglia di modelle, che sposò in
breve tempo. Intorno al 1930 cominciò per Ponzi il periodo di
maggior successo durate il quale realizza opere per i palazzi
delle Poste di Gorizia, Varese e Palermo. Il suo bronzo "Al di
là dell' aratro" esposto alla mostra Quadriennale di Roma nel
1937 fu acquistato da Benito Mussolini e posto all' ingresso del
Ministero dell' Agricoltura dove tuttora si trova. Nel 1943 l'
artista si ritirò con la famiglia ad Anticoli Corrado
dedicandosi a temi più intimi e ai ritratti di figure del posto.
Dopo la guerra ad impegnarlo furono soprattutto le committenze
per chiese e luoghi di culto. "Ponzi era schivo - spiega Iezzi -
non faceva gruppo nè era organico al sistema dell' arte, per
questo ebbe meno di quanto in realtà avrebbe meritato".
In mostra, ovviamente, spicca la versione in gesso patinato
di "La madre" da cui derivarono poi le due versioni in marmo. Ma
è sui ritratti delle persone che conosceva che si concentra l'
attenzione maggiore, proprio perché qui l' autore - libero dai
condizionamenti delle committenze - poteva finalmente esprimersi
con la massima libertà. Tra tutti occupa un posto particolare il
busto in gesso della giovane Anna Piselli, che volle ritrarre
nel 1953 colpito dal velo di tristezza che le segnava il volto.
"Accetto di posare solo se non mi chiedi il motivo" gli rispose.
Solo in seguito si seppe della delusione amorosa sofferta dalla
ragazza per la fine della relazione, provocata a sua insaputa da
familiari e amici, con il pittore inglese Peter Lanyon, poi
divenuto una celebrità, che aveva trascorso alcuni mesi ad
Anticoli.
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