"La Scuola senza alunni non esiste.
Ma neanche senza docenti. Perché il miracolo della trasmissione
di saperi, ma soprattutto di valori, avvenga, è necessario che
ai docenti sia restituita la giusta considerazione da parte
dell'opinione pubblica". Comincia con questa considerazione la
lettera aperta che un gruppo di docenti del Liceo Galdi in
provincia di Salerno ha scritto al presidente della Repubblica
Sergio Mattarella. "I docenti delle superiori prima del Covid
erano coloro che lavoravano 18 ore a settimana, con tre mesi di
vacanze in estate, più Natale e Pasqua. Con la pandemia, i
docenti sono passati ad essere quelli che lavorano da casa, e
pertanto fanno ancor meno, pur mantenendo lo stipendio. La
categoria degli insegnanti certamente è composta da lavoratori e
lavativi, appassionati e disamorati, intelligenti e stupidi,
precisi e approssimativi. Proprio come ogni altra categoria. E
qualche docente, come avviene in ogni settore, può riversare in
classe ansie e insoddisfazioni personali, ma la stragrande
maggioranza sa tenere fuori dal mondo scuola tutto ciò che di
brutto possa inficiare la lezione, perché quello è un momento
sacro e come tale va protetto", rivendicano con orgoglio le
docenti Nicoletta Tancredi, Marcellina Parisi, Emilia Aliberti e
Giuseppina Orsini. "I docenti - scrivono ancora le prof al capo
dello Stato - hanno fatto lezione a distanza, subendo, non
scegliendo, la Dad e aggrappandosi ad essa, per continuare ad
essere punto di riferimento dei propri allievi, in un momento di
difficoltà storica, reinventando in autonomia strategie
didattiche ed operative. I docenti da casa hanno lavorato molto
di più. Ma quel tempo non include, e non ha mai incluso, la
preparazione delle lezioni, le correzioni delle verifiche, le
attenzioni allo stato d'animo degli allievi. Tutto ciò non si
può quantificare e forse per questo la classe docente è l'unica
categoria statale, alla quale non sono pagati gli straordinari.
Eppure il tempo continuiamo a cronometrarlo. Neanche con le
misure anti-covid si considera l'unità oraria, ma un'ora di
lezione di sessanta minuti, come se lavorassimo a cottimo. E il
tempo lo si considera per il calendario scolastico, anche se dal
confronto con l'Europa vien fuori che i giorni di scuola in
Italia sono 200 l'anno, mentre in circa la metà dei paesi se ne
contano 170/180 e in 17 il numero varia tra 181 e 190".
"Le ferie, però, per i docenti italiani sono concentrate nel
periodo estivo: a differenza degli altri impiegati della
Pubblica Amministrazione gli insegnanti sono gli unici che non
possono scegliere quando godere dei giorni di ferie, poiché
vincolati all'anno scolastico. Anno, che qualcuno ha proposto e
propone di prolungare, come se, chiusi gli edifici scolastici,
si fosse negato il diritto all'istruzione o come se lo
smart-working della scuola fosse vano rispetto ad altri servizi
erogati dallo Stato". "Poi, tra mille difficoltà e pericoli,
siamo tornati in classe, passando sotto le Forche Caudine degli
insulti di chi diceva che i docenti non avevano fatto nulla fino
a quel momento. E lì pronti a capire come, dove e quando fare
lezione, cercando nuove strategie, perché la Scuola sta
cambiando e i vecchi schemi non possono più funzionare. In
presenza, senza considerare gli allievi fragili collegati in
Dad, abbiamo trovato le classi divise in due aule, perché la
questione delle classi pollaio non è mai stata risolta! Anche
l'anno scorso, in pieno lockdown, si formavano le prime con gli
stessi numeri di sempre e ci troviamo 30 alunni per classe.
Vogliamo continuare a fare il nostro mestiere ma, perché abbia
piena efficacia e un'autentica ricaduta civile e morale sulle
future generazioni, è necessario valorizzare il lavoro dei
docenti, quelli appassionati, attenti, coscienziosi. Quelli che
credono profondamente nell'insegnamento. Che non sono uno
stipendio che pesa per le casse del Paese. Ma uno stipendio
sottopagato rispetto alla qualità e all'impegno. Vogliamo, senza
alcun dubbio, continuare a insegnare e ad imparare dai nostri
ragazzi, ma per farlo c'è bisogno di passione e le critiche
infondate, i luoghi comuni, i pregiudizi, alla lunga, la
passione la spengono! Non ridare dignità alla Scuola vuol dire
correre un rischio troppo grande per il nostro Paese: l'Italia
non può permettersi di correrlo!".
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