Un esempio di come i problemi sociali possano condizionare le misure di auto-confinamento contro il coronavirus è appena venuto dalla Repubblica democratica del Congo che ha dovuto rinviare sine dine il blocco della sua capitale-megalopoli da oltre 17 milioni di abitanti, Kinshasa.
Il terzo agglomerato urbano del continente africano dopo Il Cairo e Lagos, come annunciato giovedì, avrebbe dovuto entrare in un "confinamento totale" da sabato per evitare la propagazione del virus, riferisce il sito Jeune Afrique.
Ma venerdì sera l'autorità provinciale di Kinshasa ha rinviato la misura a causa di "speculazioni sui prezzi dei beni di prima necessità" e per "prevenire atti suscettibili di creare insicurezza": insomma "sommosse", come ha esplicitato su Twitter il movimento cittadino "Lucha". Due parlamentari di diversa estrazione politica dal canto loro hanno esortato le autorità a "garantire l'acceso all'acqua potabile e all'elettricità" sospendendo le bollette durante il blocco.
Questo "confinamento totale intermittente" rinviato a data da destinarsi prevedeva, per tre settimane, quattro giorni di divieto di uscire di casa seguiti da altri due in cui sarebbe stato consentito fare provviste.
Mercoledì il presidente Félix Tshisekedi aveva decretato lo stato d'emergenza e l'isolamento di Kinshasa dalle 25 altre provincie dell'enorme paese dell'Africa centrale ricco di risorse naturali, miseria e conflitti. Anche se i casi dichiarati di Covid-19 siano solo 58 e cinque i decessi, la caotica e sovraffolata capitale congolose sembra un enorme acceleratore per la diffusione del virus in tutta l'area.
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