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Giacomo Matteotti, il nemico di Mussolini, storia di un'amnesia

Giacomo Matteotti, il nemico di Mussolini, storia di un'amnesia

Nel centenario della morte sul difensore della democrazia

ROMA, 02 marzo 2024, 19:43

di Fabrizio Finzi

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IL NEMICO DI MUSSOLINI - GIACOMO MATTEOTTI, STORIA DI UN EROE DIMENTICATO DI MARZIO BREDA E STEFANO CARETTI (EDITORE SOLFERINO, PP 288 EURO 18,00) Una storia ricca di dati e documenti per spazzare via non solo "amnesie", come scriveva Norberto Bobbio, ma anche per contrastare tentativi sempre più frequenti di revisionismo storico di una figura che determinò la nascita dell'antifascismo come lo intendiamo oggi e come lo interpreta la Costituzione.
    "Il nemico di Mussolini, storia di un eroe dimenticato" ripercorre la storia personale di Giacomo Matteotti e i tragici accadimenti che portarono alla morte del parlamentare socialista rapito sulle sponde del Tevere nel giugno 1924.
    Scritto dal giornalista del Corriere della sera Marzio Breda e dallo storico Stefano Caretti il volume riporta al centro della scena le responsabilità di Benito Mussolini nel rapimento e nell'omicidio di Matteotti. Un delitto assolutamente politico che aprì le porte alle "fascistissime" leggi degli anni seguenti che cementarono il regime.
    I timori di Bobbio erano fondati: cent'anni dopo il delitto, il nome di Matteotti sembra sopravvivere quasi soltanto grazie alla toponomastica, cioè alle 3.200 vie e piazze a lui dedicate dopo la Liberazione. Rimane il mito del suo sacrificio ma si è persa nelle generazioni la sua figura di intellettuale e politico. Il libro ricorda il suo ruolo di difensore della democrazia e propugnatore di un socialismo riformista e "dal volto umano". Un oblio, ricordano gli autori, favorito anche dalla sinistra, dalle divisioni interne alla famiglia socialista e dalla lunga egemonia culturale del Pci, che lo avversava.
    Anche gli storici trovarono difficoltà a farsi pubblicare saggi sulla vicenda Matteotti mentre all'estero, paradossalmente, era più studiato che in patria.
    Matteotti fu un politico diverso, serio, colto e cosmopolita, conosciuto e stimato in Gran Bretagna, in Belgio, Olanda, Francia, Germania, Austria. Non a caso il suo omicidio ebbe risonanza mondiale e ne scrissero fra gli altri George Orwell, Stefan Zweig e Marguerite Yourcenar.
    Eletto in Parlamento a soli 33 anni, si dedicò alla politica nazionale, scontrandosi con il fascismo nascente. Fondò con Turati il Partito socialista unitario - divenendone segretario -, convinto com'era che all'Italia servisse un socialismo riformista d'impronta socialdemocratica. In pochì anni intervenne ben 108 volte in Parlamento sui temi più diversi ma la sua denuncia più famosa resta quella del 30 maggio 1924, nella quale elencava brogli, abusi e violenze alle urne, chiedendo l'invalidazione del voto che aveva dato il potere ai fascisti. Discorso dopo il quale il dittatore si attivò affidando a un gruppo di squadristi il compito di eliminarlo.
    Come puntualmente avvenne solo 10 giorni più tardi.
    Ora, in questi ultimi decenni le celebrazioni e gli studi su Matteotti si sono quasi sempre concentrate sul suo martirio e molto marginalmente sui processi. E questo è forse anche la causa dell'amnesia collettiva sulle responsabilità del fascismo, o meglio del duce. Resta il fatto che il delitto Matteotti è un caso chiuso continuamente riaperto. E questa labilità interpretativa sarebbe stata favorita dal fatto che mancava la "pistola fumante", la prova regina.
    Tra ambiguità storiografiche, nostalgie revisioniste per minimizzare il ruolo di Mussolini, la sua figura si è persa, sbiadita ad arte. Ciò è avvenuto dando credito in particolare alla tesi (una falsa pista veicolata dal regime già negli anni Venti) di una "tangentopoli in camicia nera" per un affare petrolifero in realtà mai concluso, che avrebbe coinvolto finanzieri, alti gerarchi e forse addirittura la casa reale.
    Matteotti avrebbe scoperto questo scandalo e sarebbe stato pronto a denunciarlo: per questo sarebbe stato ucciso. Una tesi che gli autori smontano nel libro attraverso un'interpretazione rigorosa dei fatti, oltre che con documenti inediti, nel tentativo di dare piena luce ai 39 anni "senza respiro" di Matteotti.
   

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