REBECCA STRUTHERS, MEMORIE DI
UN'OROLOGIAIA (GARZANTI, PP. 285, EURO 20)
Quando sono nati gli orologi? Come sono cambiati nel corso
dei secoli? Lo racconta in questo saggio Rebecca Struthers,
orologiaia da quando aveva diciannove anni: un'attività
totalizzante", la definisce. Confessa di passare intere
mattinate senza mai distogliere lo sguardo "dal minuscolo
meccanismo" su cui sta lavorando: "All'improvviso mi accorgo che
il caffè accanto a me è freddo e che ho gli occhi secchi perché
mi sono concentrata così tanto da dimenticare di sbattere le
palpebre". Per realizzare un nuovo orologio, con pezzi di
recupero o partendo da zero, impiega da sei mesi a sei anni,
spiega.
Gli orologi sono "un'estensione di noi, una proiezione della
nostra identità, della nostra personalità, delle nostre
aspirazioni e del nostro status sociale ed economico. L'orologio
è il segnatempo di un individuo, ma è anche una storia di
diario: tra le sue instancabili lancette custodisce i ricordi
delle ore, dei giorni e degli anni in cui l'abbiamo indossato. È
il depositario della vita stessa, inanimato ma
inequivocabilmente umano", scrive in un capitolo.
Il volume passa in rassegna orologi celebri, fra cui quello
che è considerato il primo esemplare in assoluto ovvero l'Osso
di Lebombo, risalente a 44.000 anni fa e ritrovato nel 1940 in
Sudafrica. Non mancano i pomposi orologi del Seicento, uno è a
forma di piccolo leone d'argento, costruito a Ginevra da Jean
Baptiste Duboule. C'è anche la descrizione dell'orologio da
taschino con sveglia appartenuto al capitano ed esploratore
Robert Falcon Scott, conosciuto come Scott dell'Antartico: lo
aveva con sé durante la spedizione al Polo Sud.
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