DOMENICO CAMPANA, ''IL MONACO E
L'EBREO-NELLA MAGNA GRECIA BIZANTINA AGLI ALBORI DELL'UMANESIMO'
(CONSENSO PUBLISHING', PP 200, EURO 18).
Parte dalla Calabria bizantina del Primo Millennio il dialogo
interreligioso che ha come protagonista un monaco italo-greco,
San Nilo, fondatore dell'Abbazia di Grottaferrata, ed un ebreo,
filosofo, medico, Shabbathai Donnolo, scampato alle persecuzioni
saracene ad Orio, in provincia di Brindisi e rifugiatosi a
Rossano, patria di San Nilo, e ultima provincia bizantina
dell'Italia dell'Alto Medioevo.
I due personaggi ed il contesto culturale e religioso nel quale
operano sono al centro del saggio di Domenico Campana, ''Il
Monaco e l'Ebreo-Nella Magna Grecia bizantina agli albori
dell'Umanesimo'', pubblicato dalla casa editrice Consenso
publishing, dove l'autore spiega anche le ragioni secondo le
quali l'Umanesimo si afferma fuori dai confini della Magna
Grecia bizantina che è stata invece propagatrice e fonte del
pensiero classico greco che ha concorso alla sua nascita.
Quello di Campana è un metodo originale di approccio alla
figura di S. Nilo di Rossano ed alla sua amicizia, fatta per
così dire di amore-odio, col medico ebreo Shabettai Donnolo.
Campana, nel suo discorrere, mostra di conoscere in modo
appropriato ed approfondito ciò che descrive e racconta
facendosi apprezzare per la disinvoltura e la padronanza
nell'accompagnare il lettore in una materia molto complessa e
abbastanza complicata, come il rapporto non sempre idilliaco tra
cristianesimo ed ebraismo.
In una fase storica come la nostra in cui il dialogo
interreligioso ha allargato gli orizzonti conoscitivi ed
interattivi, il recupero e la riproposta dell'esperienza di
dialogo anticonformista tra i due nostri protagonisti è
emblematica soprattutto per il periodo storico in cui si
sviluppa. Donnolo rappresenta la cultura ebraica plurale che si
sa allargare al pensiero neoplatonico, alla scienza
dell'astrologia, al simbolismo dei numeri, ingredienti questi a
cui nemmeno S. Nilo sa rinunciare, provando a dialogare proprio
con l'ebreo, a cui chiede spesso in prestito dei libri. San Nilo
da giovane sembra assorbirne abbastanza il fascino fino a
quando, a 30 anni, decide di tagliare con tutti e di
allontanarsi dalla città per dedicarsi alla vita monastica,
senza per questo rinunciare al suo mondo, come dimostra
l'esercizio dell'arte calligrafica che lui continuerà a
praticare insegnandola anche ai suoi monaci. La scelta monastica
e l'allontanamento da Rossano sembrano avere attutito la vecchia
amicizia con Donnolo verso il quale mostra una certa diffidenza
quando, per esempio, non si lascia curare da lui per non dargli
la soddisfazione che possa poi vantarsi con i suoi per aver
curato un cristiano. Scaramucce che fanno certamente simpatia,
ma evidenziano d'altra parte quello stato d'animo di odio-amore,
a cui si accennava prima, rivelatore di quelle distanze imposte,
anche se non condivise, dalla diversa appartenenza.
Nel rilevare questa diffidenza di principio tra i due,
Campana pone il dubbio se questa non appartenesse più all'autore
del Bios, il discepolo S. Bartolomeo, che non allo stesso S.
Nilo, visti i suoi trascorsi giovanili di tutt'altra movenza.
Non sembra verosimile, per esempio, nemmeno l'anti-ebraismo
manifestato da S. Nilo nell'episodio dell'ebreo ucciso a
Bisignano ed alla ritorsione scongiurata contro l'omicida
cristiano facendo ricorso ad una legge nota in verità solo
all'autore del Bios.
C'è da notare, inoltre, come fa l'autore del saggio, che
entrambi sono cultori profondi delle Sacre Scritture, a cui
attingono nelle loro scelte di vita, anche se in qualche modo
divergenti nella interpretazione esegetica. Donnolo, infatti,
sulla scorta di una speculazione neoplatonica predilige una
lettura allegorica della Bibbia, come nel caso del processo
creativo del mondo, al contrario di S. Nilo che preferisce
affidarsi nelle sue pratiche monastiche più ad una
interpretazione letterale del testo sacro ispirandosi a S.
Gregorio Nazianzeno. Interessanti sono le valutazioni su "La
prospettiva antropocentrica: dal neoplatonismo al neoidealismo"
del terzo capitolo, in cui l'autore approfondisce il pensiero di
Donnolo.
Partendo dalle sue convinzioni neoplatoniche, l'ebreo
interpreta la creazione non come atto volitivo del Dio "Uno"
trascendente, ma come un processo di emanazione da Lui,
destinato a concludersi nuovamente in Lui. Nell'uomo, per
esempio, è stata infusa un'anima dello Spirito di vita, che dopo
la morte ritornerà alla sua fonte. Di qui si può cogliere
l'ampiezza anche degli interessi perseguiti dall'autore, che non
ignora nemmeno l'esaltante "rinascenza rossanese" del sec. X,
come pure l'incidenza esercitata dal monachesimo italo-greco
fino "agli albori dell'Umanesimo".
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