La mafia aveva assunto il controllo
del commercio ittico di Manfredonia, imponendo ai pescatori la
vendita del pesce alle società controllate dall'organizzazione,
nella convinzione che "il mare è nostro" diceva in una
intercettazione Pietro La Torre, uno dei capi clan finiti oggi
in carcere nell'ambito di una indagine dei carabinieri del Ros,
coordinata dalla Dda di Bari. In 32 sono stati arrestati, 26 in
carcere e 6 agli arresti domiciliari, su complessivi 44
indagati. Tra questi ci sono pregiudicati e imprenditori
compiacenti.
L'inchiesta coordinata dai pm Ettore Cardinali, Luciana
Silvestris, con il coordinamento del procuratore aggiunto
Francesco Giannella e del procuratore Roberto Rossi e in
collaborazione con il sostituto della Direzione nazionale
antimafia Giuseppe Gatti, è partita nel luglio 2017. In quattro
anni, grazie a intercettazioni, attività tecniche, pedinamenti e
dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, gli inquirenti
hanno accertato che il gruppo mafioso, per la prima volta
riconosciuto tale, dei Romito-Lombardi-Ricucci, aveva il
monopolio del mercato del pesce a Manfredonia e controllava
anche attività pastorizie e agroalimentari, nella zona di
Mattinata, realizzando truffe all'Inps e all'Unione europea. Le
indagini hanno documentato poi l'operatività del gruppo nel
settore del traffico di stupefacenti, in particolare cocaina,
nel settore della ristorazione per riciclare il denaro sporco e
in quello degli assalti ai portavalori.
I carabinieri hanno sequestrato contestualmente agli arresti
beni per quasi 7 milioni di euro, tra mobili, immobili e le due
società gestite dal clan, Primo Pesca e La Marittica.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA