Durante un convegno ("Carcere. Non
solo privazione della libertà") che si è tenuto lo scorso 26
novembre all'associazione culturale Atena, a Canicattì,
nell'Agrigentino, uno dei partecipanti, il giudice di
sorveglianza di Agrigento, Walter Carlisi, ha detto, tra
l'altro, che l'azione disciplinare nei confronti dei detenuti
"negli istituti penitenziari locali, ultimamente, è scaduta. Si
crea così un caos e chi deve essere rappresentante delle
istituzioni dello Stato, dimentica di esserlo e si convince di
essere solo appartenente - uso le virgolette - a una 'cosca di
parte'. Ed ecco che si verificano casi come Santa Maria Capua
Vetere. Ci sono le cosche dei camorristi e le cosche che portano
una cosa blu addosso".
Le parole di Carlisi - presente insieme a esponenti
dell'associazione Nessuno tocchi Caino e della Camera penale di
Agrigento - vengono ora stigmatizzate da Donato Capece,
segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo polizia
penitenziaria, che le trova di "inaudita gravità". E aggiunge
che l'intervento è avvenuto "in un consesso in cui per altro non
vi era alcun appartenente al Corpo di polizia penitenziaria o
all'Amministrazione penitenziaria che avrebbe potuto replicare e
che è stato registrato e diffuso su Radio Radicale. Queste
parole appaiono inaccettabili per gli appartenenti al Corpo, e
credo che il ministro della Giustizia Carlo Nordio gliene
dovrebbe chiedere conto".
Il Sappe, dice Capece, "ha già dato mandato allo studio
legale di predisporre ogni utile intervento ed iniziativa a
tutela dell'onorabilità di chi in carcere lavora in prima
linea".
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