Era ai domiciliari a Cagliari per
una rapina e si è costituito ad Aosta dicendo di essere evaso.
Nelle parti intime nascondeva un tubo termosaldato con 30 grammi
di hashish, che avrebbe voluto portare nel carcere di Brissogne.
Le telefonate erano però intercettate ed è stato fermato prima
di concludere il suo piano. C'è anche questo episodio
nell'inchiesta della procura di Aosta su un giro di spaccio di
stupefacenti e di uso indebito di telefonini nel carcere di
Brissogne.
Le indagini del pm Giovanni Roteglia, che dal marzo 2022 al
maggio scorso ha coordinato il lavoro del Nucleo investigativo
regionale di Torino della polizia penitenziaria, hanno portato
alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di nove
persone (stamane la prima udienza, aggiornata a novembre). Si
tratta di detenuti, italiani e magrebini, e di alcune donne,
fuori dal carcere, con cui avevano una relazione. Oltre
all'hashish veniva spacciata la buprenorfina, farmaco oppioide.
Due detenuti, un italiano e un tunisino, combinavano al
telefono con le ragazze le modalità con cui portare l'hashish
durante i colloqui. Le donne nascondevano lo stupefacente nelle
parti intime e lo estraevano da sotto il tavolo quando erano
sedute di fronte ai detenuti, senza poter essere viste dalle
telecamere. Una di loro è stata arrestata nel febbraio scorso.
Dalle intercettazioni è emerso inoltre che la droga entrava
dall'esterno anche grazie a dei 'lanci' volti a superare le
mura, probabilmente con una fionda, e poi raccolta dai detenuti
durante l'ora d'aria. A occuparsene, da fuori, sarebbe stato un
aostano di 45 anni, già noto alle forze dell'ordine.
Dal solo cellulare sequestrato, in uso a più detenuti, erano
partite 5.072 telefonate nell'arco di un anno.
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