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Studio Intube valuta il ruolo del videolaringoscopio per l'intubazione

Studio Intube valuta il ruolo del videolaringoscopio per l'intubazione

Ricerca dell'Università di Torino pubblicata sul British Journal of Anesthesia

TORINO, 31 maggio 2023, 12:31

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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Il ruolo del videolaringoscopio per l'intubazione del paziente critico è stato messo in luce attraverso un'analisi di quasi 3.000 pazienti inclusi nello studio Intube, che ha valutato la pratica della gestione delle vie aeree nel mondo. Lo studio, pubblicato sulla più importante rivista del settore, British Journal ofAnesthesia, è stato effettuato da un gruppo di ricercatori coordinato dal dottor Vincenzo Russotto, del dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino e rianimatore all'azienda ospedaliera universitaria San Luigi Gonzaga, e dal professor Pietro Caironi, direttore dell'Unità operativa complessa di Anestesia e rianimazione del San Luigi e docente dello stesso ateneo.

Il videolaringoscopio, già utilizzato da diversi anni in anestesia, a differenza del laringoscopio tradizionale, consente di visualizzare le vie aeree con la visione indiretta da una telecamera. La visione più agevole consente così di concludere l'intubazione in sicurezza anche nelle situazioni di maggior difficoltà anatomiche o quando la visione per via tradizionale è estremamente difficile (edema, sanguinamenti, presenza di neoformazioni).

In anestesia, diversi studi hanno dimostrato l'efficacia di questa nuova metodica. Nel paziente critico (terapia intensiva o pronto soccorso) l'evidenza scientifica è stata finora conflittuale, evidenziando originalmente una maggiore probabilità di complicanze quali ipotensione e desaturazione, verosimilmente associate al coinvolgimento di operatori non esperti . Lo studio ora ne ha verificato l'efficacia, dimostrando che, a fronte di pazienti con condizioni cliniche predittive di una maggiore difficoltà di intubazione, i pazienti sottoposti a tecnica video assistita venivano più frequentemente intubati con successo al primo tentativo. Pur trattandosi di pazienti critici in gravi condizioni, non si è osservata inoltre una maggiore incidenza di eventi avversi. 
   

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