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I fondi Ue per rispondere all’emergenza coronavirus

I fondi Ue per rispondere all’emergenza coronavirus


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

di Redazione ANSA


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Dopo una prima iniziativa entrata in vigore a tempo di record, l’Ue sta adottando una seconda misura senza precedenti per rispondere all’emergenza coronavirus utilizzando i fondi strutturali europei già stanziati. Nel linguaggio scelto da Bruxelles si chiama ‘CRII plus’, acronimo inglese per 'Iniziativa d'investimento in risposta al coronavirus Plus’, ma si traduce come piena e completa flessibilità nell’uso delle risorse della politica di coesione. Una misura che per l’Italia può valere dai 6,7 ai 10 miliardi di euro.

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Piena flessibilità

Con la Crii Plus, la Commissione mette nel cassetto due dei dogmi principali legati all’uso delle risorse strutturali: l’obbligo di cofinanziamento nazionale e l’impossibilità di trasferire senza limiti i soldi fra categorie di regioni, settori o fondi. Questa flessibilità completa è resa possibile anche dal fatto che il 2020 è l’ultimo anno dell’attuale settennato di bilancio, cominciato nel 2014. Ciò significa che, di fatto, ai Paesi sarà consentito di indirizzare verso settori al momento prioritari come la sanità e gli aiuti alle imprese una tranche di finanziamenti relativamente piccola rispetto all’ammontare dell’intero settennato, senza così creare troppe distorsioni ai programmi in corso.

I Paesi potranno quindi spostare risorse riferite all’anno contabile 2020-21 dalle regioni meno sviluppate a quelle più ricche che sono state colpite più duramente dalla crisi, o viceversa. Oppure spostale da progetti dedicati all’efficienza energetica verso altri a sostegno dell’occupazione. O ancora, muovere risorse dal Fondo europeo di sviluppo regionale verso il Fondo sociale europeo o quello di coesione. È invece esclusa da questa operazione l’Iniziativa per l’occupazione giovanile (Yei).

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