(ANSA) - TERNI, 01 APR - "Mi chiedo, come mai questa persona
non era tenuta sotto stretta sorveglianza h24, a meno di due
giorni dal grave fatto di sangue"": a dirlo è l'avvocato Giorgio
Cerquetti, difensore d'ufficio del sessantaduenne che si è
suicidato in carcere dopo il fermo con l'accusa di avere ucciso
la moglie. Un provvedimento per il quale non è stata ancora
fissata l'udienza per esaminare la richiesta di convalida da
parte della Procura.
Nell'interrogatorio davanti agli inquirenti l'uomo, bloccato
in casa subito dopo il delitto, aveva chiesto scusa ed era
apparso molto confuso.
"Questa mattina - ha detto ancora l'avvocato Cerquetti - sono
andato nel carcere di Terni per avere un colloquio con il mio
assistito in vista dell'udienza di convalida che doveva essere
ancora fissata. Lì ho incontrato il pubblico ministero che mi ha
informato dell'accaduto. Nessuno mi aveva avvertito prima, sul
posto c'era già personale della Usl, la polizia penitenziaria e
quella di Stato".
"La sua condizione mentale - prosegue il legale parlando
dell'uomo fermato - era assolutamente precaria, come era parso
evidente a me, ma anche all'autorità giudiziaria, quando giovedì
sera era stato sentito in questura. Ho avuto subito la
percezione di una persona disturbata, sconvolta, mi è bastato
parlarci qualche minuto. Impressione confermata anche nel
successivo interrogatorio da parte del pm. Dai resoconti
giornalistici ho appreso dei suoi problemi di salute, del fatto
che assumesse farmaci, e queste condizioni problematiche,
fisiche ma pure mentali, mi sono sembrate palesi. Anche per
questo non lavorava più da anni. Mi chiedo se ci sia stata la
doverosa attenzione, in carcere, verso una persona così provata
e a poche ore dall'omicidio". (ANSA).
Legale suicida in cella, doveva essere sorvegliato 24 ore su 24
Per il difensore "era una persona disturbata e sconvolta"
