(vedi 'Gb: Cummings attacca...' delle 07,56)
"E' falso dire che il primo
ministro fosse stato avvertito in anticipo" sulla natura
irregolare del ritrovo con consumo di alcolici svoltosi il 20
maggio del 2020 e nel giardino di Downing Street alla presenza
di una trentina di funzionari e a dispetto delle restrizioni da
lockdown allora ancora in vigore, al centro ora del cosiddetto
scandalo Partygate che ora minaccia la poltrona di Boris
Johnson. Lo ha affermato seccamente un suo portavoce in risposta
all'ennesima accusa rivolta al premier Tory - che a
quell'incontro ha ammesso di aver partecipato per 25 minuti,
scusandosi di fronte al Parlamento britannico, ma sostenendo di
aver "implicitamente" ritenuto si trattasse d'una riunione di
lavoro, seppur conviviale - rivolta contro di lui da Dominic
Cummings: ex guru della Brexit ed eminenza grigia governativa da
tempo in cerca di vendetta per il siluramento subito oltre un
anno fa.
Cummings ha più volte imputato a BoJo d'aver mentito sul
Partygate e in un post pubblicato ieri sul suo blog ha ribadito
la contestazione sostenendo di avere preavvertito in prima
persona sia il capo della segreteria del premier, Martin
Reynolds, sia - a voce - lo stesso Johnson che quella riunione
"potesse essere" contro le regole. Ha poi aggiunto di essere
pronto a confermare sotto giuramento la sua versione a Sue Gray,
l'alta funzionaria incaricata dal governo medesimo di svolgere
un'indagine amministrativa indipendente sull'accaduto: le cui
conclusioni sono attese a giorni e potrebbero essere decisive
per il destino immediato del primo ministro, messo in difficoltà
dal calo di consensi e da una crescente fronda parlamentare
nella maggioranza Tory.
Il vicepremier e ministro della Giustizia, Dominic Raab, ha
da parte sua commentato che Johnson si dimetterebbe se avesse
mentito in Parlamento, ma ha liquidato come "assurdità" le
affermazioni del controverso Cummings.
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