Nonostante la pandemia, l'anno
scorso le 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo hanno
generato vendite per 252 miliardi di dollari, 29 miliardi in
meno rispetto al 2019 (-12,2% a tassi di cambio costanti), ma
con un 'profit margin' positivo del 5,1%. È quanto emerge
dall'ottava edizione del Global Powers of Luxury Goods, lo
studio annuale di Deloitte, Fashion & Luxury a livello globale.
L'Italia si conferma come primo Paese del lusso mondiale a
livello di presenza nella classifica delle aziende con quattro
nuovi ingressi nella Top 100. EssilorLuxottica settima, Prada
(23esima) e Giorgio Armani (29esima) sono i tre principali
player italiani nella graduatoria, con Moncler che è l'azienda
dalle "performance complessive più costanti, rientrando per
quattro anni consecutivi tra le aziende a più rapida crescita",
spiega Deloitte.
Nel 2020 l'importanza dei migliori marchi del lusso è evidente:
le quindici aziende con vendite di prodotti di lusso superiori a
5 miliardi di dollari, con i gruppi francesi come sempre
ampiamente in testa, hanno contributo al 63% delle vendite
totali della Top 100. "In questo periodo il comparto è stato
capace di re-inventarsi ed accelerare un processo di
trasformazione considerevole, portando concetti quali
sostenibilità, 'omnicanalità', economia circolare e innovazione,
al centro delle proprie strategie di crescita per i prossimi
anni", commenta Giovanni Faccioli, Deloitte Fashion & Luxury
Leader per l'Italia.
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