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Libri: Autostrade in frantumi, una storia molto italiana

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Libri: Autostrade in frantumi, una storia molto italiana

Dalla privatizzazione al Morandi, un fallimento di tutti

MILANO, 24 aprile 2021, 12:18

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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LAURA GALVAGNI - AUTOSTRADE IN FRANTUMI. IL CROLLO DEL PONTE MORANDI E NON SOLO: TRA FINANZA E POLITICA, UNA STORIA TIPICAMENTE ITALIANA (Rizzoli, pp. 192 pagine, 17 euro).
    Restano tutti sepolti sotto le macerie del Ponte Morandi, assieme alle 43 vittime di quel 14 agosto 2018. Ognuno con la sua parte di responsabilità. Azionisti voraci, manager spregiudicati, uno Stato che aveva il dovere di controllare e non l'ha fatto, di difendere l'interesse pubblico e invece ha lasciato banchettare i privati. Salvo poi fare la voce grossa e la faccia feroce (ma solo quella) quando il boato del viadotto sul Polcevera che crollava ha segnato un tragico punto di non ritorno dopo anni di incurie e deliberate negligenze.
    In "Autostrade in frantumi", edito da Rizzoli, Laura Galvagni, giornalista finanziaria de Il Sole 24 Ore, ricostruisce la parabola della principale concessionaria autostradale italiana, dalla stagione controversa delle privatizzazioni, di cui è stata uno dei simboli, fino ai giorni nostri. Lo fa analizzando le carte della magistratura, delle autorità di controllo, attingendo alle fonti del mondo della finanza, che così bene conosce e, con il supporto dell'ufficio studi di Mediobanca, ricostruendo i bilanci di Autostrade per capire quanto una generosa politica di dividendi abbia frenato gli investimenti necessari alla sicurezza della rete.
    Quello che ne risulta, attraverso una minuziosa ricostruzione di vent'anni di intrecci tra politica, burocrazia e finanza, ripercorsa in stretto ancoraggio ai fatti, è "il fallimento di tutti". "Quando si alza il tappeto dopo anni di inedia, la polvere è più di quella che si pensi e, soprattutto, investe tutti. E le colpe di azienda e Benetton - si legge nel prologo - si mischiano repentinamente con la figura di un manager, l'ex ceo di Atlania e di Aspi, Giovanni Castellucci, e con quelle di uno Stato "dormiente", che fin dalle privatizzazioni di Autostrade per l'Italia nel 1997 ha creato le basi per un business che garantiva rendimenti sicuri ed elevati senza al contempo fissare paletti sufficientemente stringenti sul fronte degli obblighi in materia di investimenti".
    Ma che cosa trova Galvagni sotto il tappeto? C'è un progetto, quello del viadotto sul Polcevera, con cui "si vuole fare la storia dell'ingegneria e dell'architettura" ma che "nasce già con dei difetti", noti da sempre a tutti quelli che dovevano sapere, e che pure "non si fa abbastanza" per correggere. C'è uno Stato che, alla fine degli anni '90 con il governo Prodi impegnato a sistemare i conti pubblici per entrare nell'euro e con Mario Draghi al Tesoro a gestire le privatizzazioni, ha bisogno di fare cassa e per rendere "appetibile l'affare" mette a punto una convenzione sbilanciata a favore del concessionario, un peccato originale che non sarà più in grado di correggere, e tralascia, dopo averlo concluso, di esercitare le sue prerogative di controllo sulla manutenzione della rete. Ci sono manager che si approfittano della debolezza della controparte pubblica convinti "di essere onnipotenti, invulnerabili, intoccabili" mentre blandiscono i loro azionisti con una montagna di dividendi, 10 miliardi in meno di vent'anni a fronte di 14 miliardi di investimenti. Ci sono i Benetton, colpevoli agli occhi di tutti di aver "incassato dividendi sempre più ricchi a scapito dei necessari interventi sulla rete" e di aver gratificato colui che glieli staccava, Castellucci, con una "fiducia smisurata".
    Se sulla tragedia del Ponte Morandi toccherà alle sentenze mettere una parola definitiva, già ora, scrive Galvagni, "numerose colpe emergono con chiarezza ma al tempo stesso è difficile individuare un unico responsabile". Ma nel "groviglio perverso che è anche lo specchio del nostro Paese" resta imprigionata anche Autostrade, un asset centrale per il Paese, da due anni e mezzo alla ricerca di un nuovo assetto: il semplicistico grido "revoca", urlato a squarciagola dalla politica, si è dovuto articolare in un problematico "percorso" di vendita a Cdp "del quale ancora oggi non si vede la fine".
   
   

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