(di Mauretta Capuano)
DAPHNE BOHEMIEN, TRAUMA-LA MIA STORIA
DI RINASCITA QUEER (SPERLING&KUPFER, PP 185, EURO 18,90). Le
persone transgender e tutti quelli che si sentono diversi,
sbagliati, "vivono ora un momento molto critico". Lo dice
all'ANSA la trans Daphne Bohemien, attivista per i diritti
Lgbtqia+ e performer internazionale, nella Giornata della
visibilità transgender che si celebra il 31 marzo. Autrice di
'Trauma-La mia storia di rinascita Queer', il suo primo libro,
appena uscito per Sperling&Kupfer con la prefazione di Carlotta
Vagnoli, Daphne si racconta senza peli sulla lingua tra
bullismo, discriminazioni, dipendenze, rabbia, solitudine, fino
alla consapevolezza della propria identità trans e oltre.
"E' giusto che ci sia questa Giornata, ma la visibilità senza
la protezione non è nient'altro che un gioco al massacro e
purtroppo in questo ultimo periodo stiamo vivendo una situazione
drammatica. Stanno cercando di rendere tutto più complesso e di
toglierci quelle poche cose che siamo riuscite ad ottenere. Si
sono fatti dei grandi passi indietro e purtroppo la realtà
adesso è che stiamo cercando di salvaguardarci come possiamo,
facendo rete, cercando di tutelarci a vicenda perché non c'è
nessuno che lo faccia per noi" sottolinea Daphne convinta che
sia importante raccontare storie diverse e complesse "che invece
si tende a schiacciare semplificando tutto per renderlo
digeribile. Abbiamo un governo in cui si parla tanto di famiglie
e poi vogliono togliere i diritti alle figlie e ai figli delle
famiglie omogenitoriali" spiega.
"Non siamo una linea retta, ma il prodotto di una serie di
intersecazioni, una persona nera può esser anche una persona
trans o una persona lesbica. Spesso la narrazione che abbiamo si
divide in due categorie: quella del dolore che risponde al
bisogno di creare dei martiri e l'altra invece è la narrazione
dell'amore, vali solo se poi hai trovato l'anima gemella, se hai
messo su famiglia, se ti sei sposata, se ti sei adeguata agli
standard. Ma dobbiamo prendere tutti gli aspetti delle persone e
non solo quelli che ci fanno comodo e che sono facili da
raccontare" sottolinea Daphne. "Sono trans, gender fluid per cui
il mio genere è cambiato e continuerà a cambiare nel tempo. Sono
una persona sieropositiva, una condizione che con la scienza
siamo arrivate a vivere tranquillamente, ma lo stigma è ancora
fermo all'epidemia degli anni Ottanta-Novanta per cui molte
persone non riescono a fare coming out. Mi considero in realtà
una persona complessa come ce ne sono tante e come in realtà
siamo tutte. Solo che io ho un po' più di consapevolezza" dice
ripercorrendo la storia raccontata in 'Trauma'.
"Avevo bisogno di raccontarmi in maniera cruda, vera,
sincera, anche disperata, fuori dagli stereotipi. Il mio libro
non è facile da leggere per diversi motivi tra cui i miei
pronomi che continuano a cambiare di volta in volta. Ma la vita
di una persona trans è così, non è un bottone che accendi e
spegni" sottolinea.
Con le nuove generazioni manca, secondo Daphne, una linea di
informazione: non c'è a livello scolastico, di autorità. Le
nuove generazioni devono ringraziare i social grazie ai quali
c'è una conoscenza maggiore, c'è la possibilità di creare rete,
ci sono persone che fanno attivismo e divulgazione". E c'è anche
bisogno di un linguaggio "che includa tutte le possibilità". Per
questo Daphne ha deciso di utilizzare il termine Drug+: "un modo
per parlare di Drug a livello più ampio perché anche ridurre
tutto a Drug Queen e a Drug King significa vivere il Drug come
qualcosa di binario e invece è assolutamente libero". E per il
futuro cosa si augura? "Un governo diverso, di non avere più
paura e che le nuove generazioni possano crescere sapendo
veramente che cosa significa la parola libertà" afferma.
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