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La parola della settimana: leggero (di Massimo Sebastiani)

La parola della settimana: leggero (di Massimo Sebastiani)

Una parola che ha dovuto aspettare la fine del XX secolo per essere rivalutata, merito di Italo Calvino. Ma anche Vasco Rossi ha qualcosa da dirci

05 febbraio 2023, 09:57

Redazione ANSA

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La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA
La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

Condannata dalla sua origine e dalla sua definizione, la parola leggero, e il corrispondente sostantivo 'leggerezza', nonostante gli sforzi di Cicerone e Nietzsche, e dopo l'esplosione della musica di consumo - la cosiddetta musica leggera, appunto -, ha dovuto aspettare la fine del XX secolo per essere rivalutata o almeno vista sotto una luce diversa. Il merito è di Italo Calvino e della prima delle sue Lezioni americane. Ma anche Vasco Rossi ha qualcosa da dirci.

Sono solo canzonette? La domanda è, come si dice, retorica perché la risposta è scontata: no, qualunque cosa (dispregiativa evidentemente) l’espressione voglia dire, quelle del Festival di Sanremo e più in generale quelle della musica leggera non sono solo canzonette, cioè piccole cose di nessuna importanza, melodie troppo elementari per lasciare un qualunque segno. Come già era evidente dalla canzone di Edoardo Bennato che aveva questo titolo e senza scomodare il grande Domenico Modugno e il suo Nel blu dipinto di blu o le sconfitte che hanno fatto più rumore e hanno avuto infinitamente più eco di tante vittorie (su tutte Vita spericolata di Vasco Rossi), questa musica è leggera ma non è certo insignificante o superficiale.

Sconta la sua definizione, subisce la stessa sorte, ambigua, dell’aggettivo che la definisce. Nel modo di pensare e di ragionare che ci caratterizza da 2000 anni e quindi anche nel nostro linguaggio, viviamo di contrapposizioni, utilizziamo, per il solo fatto che è uno schema semplice per la comprensione di realtà complesse, una logica duale. E così ci sono cose leggere e cose pesanti esattamente come c’è la materia e lo spirito, il reale e l’ideale, la velocità e la lentezza, la luce e il buio. Alla musica è andata particolarmente male perché l’opposto di musica leggera non è la musica pesante ma la musica colta, un’espressione, che, a proposito di ambiguità, batte probabilmente ogni record. Ogni volta che arriva e si svolge Sanremo, si parla e si dibatte spesso di cose che sono tutt’altro che leggere. Citando a memoria e alla rinfusa, si va da Mussolini al conflitto di interessi, dai licenziamenti alla depressione fino alla guerra, come accade quest’anno con la questione dell’intervento di Zelensky. Al di là del valore delle canzoni, non si è mai capito bene se è la macchina ben rodata di Sanremo e della tv a sostenere le polemiche o le polemiche, le liti, le gaffe a sostenere, a fronte di una musica troppo leggera, gli ascolti tv che non hanno praticamente mai vissuto una crisi evidente, nemmeno oggi ai tempi delle piattaforme e del relativo declino della tv generalista.

Ma cosa significa ‘leggera’ e perché quest’aggettivo sarebbe ambiguo? Leggero (o leggiero in una forma ormai in disuso ma che forse ricorda chi ha dovuto mandare a memoria La pioggia nel pineto di D’Annunzio dove in un verso si evocano i ‘vestimenti leggieri’ che vanno insieme ai freschi pensieri e questo non è caso) deriva dal francese legier ed è il latino leviarius che è un derivato di levis, lieve. E’ questo il significato che porta a contrapporre la parola leggero a pesante: abiti leggeri perché estivi come in D’Annunzio, leghe leggere, ci sono elementi e atomi leggeri, le truppe leggere contrapposte alle pesanti così come le armi, tanto per restare in territorio bellico. Per estensione una persona leggera è qualcuno che non si fa troppi problemi, che non ragiona abbastanza sulle conseguenze delle sue azioni, insomma un superficiale.

D’altra parte, la citazione forse più usata sulla leggerezza è stata, prima dell’avvento del solito Nietzsche, quella di Cicerone: ‘la leggerezza è propria dell’età che sorge, la saggezza dell’età che tramonta’. Che già contiene i due elementi di contrasto tra freschezza, propria della leggerezza, e declino che però avrebbe dalla sua la saggezza. Insomma si insinua l’idea che la leggerezza non sia così male. E che possa toccare anche la cosa cui associamo la pesantezza e la solidità, cioè la terra: ‘Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini – scrive Nietzsche - avrà spostato tutte le pietre di confine e darà un nuovo nome alla terra, battezzandola ‘la leggera’’.

Una soluzione che spinse Milan Kundera - ideatore di quello che forse è il titolo più bello di un romanzo, L’insostenibile leggerezza dell’essere - a riflettere proprio, di nuovo, sul contrasto: in questo caso tra la leggerezza di un certo modo di esistere e vivere e il fardello della responsabilità delle nostre azioni Ma la grande svolta e la grande rivalutazione della leggerezza arriva nel 1985 con la prima (non a caso la prima) delle Lezioni americane di Italo Calvino, di cui si celebra proprio quest’anno il centenario della nascita. Per l’autore delle Città invisibili leggerezza non è superficialità ma ‘planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore’. Ma questo planare e l’assenza di macigni, precisa Calvino nel suo ultimo libro pubblicato postumo, ‘si associa con la precisione e la determinazione non con la vaghezza e l’abbandono al caso’. Nell’eterno confronto tra il peso e la sua assenza scegliere non sembra possibile, la vita è inevitabilmente fatta di entrambi.

 

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