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Covid:studio,rischio elevato per pazienti con disfunzione renale

Salute & Welfare

Covid:studio,rischio elevato per pazienti con disfunzione renale

+64% probabilità di morte o di finire in terapia intensiva

SAN GIOVANNI ROTONDO, 20 dicembre 2021, 12:42

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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I pazienti affeti da Covid-19 con ridotta velocità di filtrazione glomerulare (Gfr, un indice di funzionalità renale) hanno un incremento del 64% del rischio relativo di morte o di ingresso in terapia intensiva.
    Lo studio, fatto da internisti, nefrologi e neurologi dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), è stato pubblicato sul Journal of Clinical Medicine e contiene indicazioni sia per i pazienti affetti da malattia renale sia per i medici di area Covid.
    Secondo lo studio, che ha preso in esame le cartelle cliniche di 254 pazienti ricoverati per Covid a San Giovanni Rotondo durante la prima ondata pandemica, la disfunzione renale, identificata da una ridotta velocità di filtrazione glomerulare (Gfr) al momento del ricovero, è predittiva di outcome sfavorevole. Questi pazienti, che hanno un maggior rischio di ingresso in terapia intensiva e di morte, vanno monitorati con maggiore attenzione e a loro vanno rivolte cure più "aggressive" sin dall'inizio.
    "Da questa ricerca possiamo trarre 2 indicazioni molto chiare - spiega Salvatore De Cosmo, direttore dell'Unità di Medicina Interna dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza e coordinatore dello studio -. La prima è che, come stanno già facendo le società scientifiche di Nefrologia, i pazienti affetti da malattia renale devono essere messi a conoscenza del rischio che potrebbero correre contraendo l'infezione da Sars-cov-2, e di conseguenza dovrebbero essere molto attenti nell'evitare l'infezione, ad esempio vaccinandosi al più presto se non l'hanno ancora fatto. La seconda indicazione è per i medici di area Covid-19: un basso valore di Gfr al momento del ricovero in ospedale è un campanello d'allarme da non trascurare. Questi pazienti devono essere considerati ad alto rischio di deterioramento clinico e di morte, e pertanto trattati con terapie aggressive".
   

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