(ANSA) - ROMA, 15 LUG - Appare "evidente" come che le
famiglie italiane, su cui grava in definitiva il peso
dell'Irpef, hanno pagato e continuano a pagare un conto
salatissimo a causa degli squilibri macroeconomici e di finanza
pubblica del nostro Paese. L'Irpef, la principale imposta
italiana, includendo anche le addizionali locali, nel 2020 ha
raggiunto il livello di 191 miliardi, pari all'11,6% del Pil.
Basti pensare che nel 2011, alla vigilia dello 'shock' fiscale
causato dalla crisi del debito sovrano, era pari al 10,5% del
Pil e che, addirittura, nel 1995, prima dell'introduzione delle
addizionali locali, si fermava all'8,4%". Lo dichiara il
presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Massimo
Miani, in merito alla ricerca lanciata stamani dall'Osservatorio
del Consiglio e della Fondazione nazionale della categoria
professionale, secondo cui "dal 2011, in Italia, il Pil è
aumentato di 2,8 miliardi, mentre la pressione fiscale delle
famiglie è aumentata di 46 miliardi". La riforma fiscale,
incalza, "non può non farsi carico di questa problematica. Come
più volte abbiamo sostenuto, il peso dell'Irpef grava
soprattutto sui redditi del ceto medio ed è evidente anche da
questa analisi come negli ultimi dieci anni il peso dell'Irpef
su questa categoria di contribuenti sia aumentato a dismisura.
Se volessimo riequilibrare le cose e riportare il rapporto tra
l'Irpef e il Pil ad una dimensione normale, potremmo
parametrarlo alla media europea pari al 9,6%. In questo modo,
restando ai dati a consuntivo del 2020, occorrerebbe ridurre il
gettito complessivo di almeno 33 miliardi", chiosa Miani.
(ANSA).