(ANSA) - ROMA, 27 LUG - "Uno dei cambiamenti indotti dalla
pandemia è stata la diffusione del lavoro da remoto; si è
trattato di un mutamento improvviso, che nel giro di poche
settimane ha portato l'Italia in linea con la media europea,
partendo da una posizione molto arretrata". Così il presidente
dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, in occasione dell'audizione
alla commissione Lavoro della Camera sulle nuove disuguaglianze
prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro. Secondo la
Rilevazione sulle forze di lavoro, ha indicato, a fine 2019
lavorava da remoto circa il 5% degli occupati, con una forte
prevalenza degli indipendenti; nel secondo trimestre del 2020
l'incidenza ha superato il 19%, raggiungendo il 23,6% per le
donne, con un deciso aumento della quota dei dipendenti. In
seguito, l'incidenza del lavoro a distanza si è ridotta, in
linea con l'evoluzione delle misure di contrasto all'emergenza,
collocandosi al 14% in media d'anno. Il lavoro a distanza ha
però presentato differenze rilevanti tra i settori d'attività e
le funzioni svolte. Per i lavoratori dipendenti, la diffusione è
cresciuta maggiormente per le mansioni tecniche, impiegatizie e
professionali: fino al 36,2% nella media del 2020 per le
professioni intellettuali a elevata specializzazione e oltre il
30% per i dirigenti. Ne è derivata, è stato inoltre
sottolineato, una divaricazione significativa della diffusione
per livello di istruzione, con un'incidenza prossima al 30% per
i dipendenti con un titolo universitario e poco superiore all'1%
per chi ha al più la licenza media. Nel 2020, ha aggiunto il
presidente dell'Istat, "il lavoro da remoto - svolto
essenzialmente dal proprio domicilio e in condizioni di
convivenza 'forzata', talora con figli in didattica a distanza -
ha anche influenzato gli equilibri familiari, con un'incidenza
più elevata tra le donne, che hanno una presenza relativamente
maggiore in attività nei servizi lavorabili da remoto e su cui
gravano più spesso responsabilità domestiche e di cura". (ANSA).