(ANSA) - PERUGIA, 25 MAR - In un decennio, dal 2012 al 2012,
il tasso di imprenditorialità di stranieri in Italia (ossia la
percentuale di imprese di stranieri sul totale delle imprese) è
passato dal 6,3% al 10,7%, con le aziende di stranieri cresciute
da 457.519 a 645.866 (+188.347, +41,2%), non riuscendo tuttavia
a compensare la diminuzione delle imprese di italiani, scese di
242.219 (da 5.615.639 a 5.373.420), con una flessione del 4,2%.
In altre parole, c'è un 'buco' di 54.872 aziende. Lo evidenzia
l'indagine curata dall'Ufficio comunicazione e stampa della
Camera di commercio dell'Umbria, basata su dati
Infocamere-Unioncamere.
Nel dettaglio, le 645.866 imprese di stranieri al 31 dicembre
2022 sono per il 20,6% di persone comunitarie e per il 70,4% di
persone extracomunitarie.
Per quanto riguarda la situazione nelle regioni, al 31 dicembre
2022 la regione con la più alta percentuale di imprese di
stranieri sul totale delle imprese è la Liguria (15,1%), seguita
da Toscana (15%), Emilia-Romagna 13,4%, Lazio (13,2%) e
Lombardia (13,1%). In coda, con le percentuali più basse di
imprese straniere ci sono Basilicata (4%), fanalino di coda,
quindi Puglia (5,6%), Sardegna (6,1%), Sicilia (6,1%) e Molise
(6,5%).
Nel Centro, dopo Toscana e Lazio arrivano Umbria (10,3%) e
Marche (9,2%), entrambe sotto la media nazionale del 10,7%. Otto
le regioni sopra la media nazionale in cui si concentrano le
aziende di stranieri: Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio,
Lombardia, Friuli-Venezia Giulia (13%), Piemonte (11,8%) e
Veneto (11,3%). Ovviamente, se si guarda ai valori assoluti, che
dipendono dalla grandezza e dalla vitalità economica di ciascuna
regione, il quadro è diverso. Per fare un esempio, in termini
assoluti è la Lombardia a presentare il maggior numero di
imprese di stranieri (123.567), seguita dal Lazio (80.398).
(ANSA).