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Economia: Mencaroni, le "sei piaghe dell'Umbria" da curare

"Modello umbro deve basarsi più sul software che sull'hardware"

(ANSA) - PERUGIA, 14 FEB - "Sei le principali 'piaghe' da curare con costanza e attenzione per cogliere nell'arco del prossimo decennio l'obiettivo, ambizioso ma possibile: rendere l'Umbria il luogo 'ideale' dove poter vivere e fare impresa. E queste 'piaghe' possono essere curate anche alla luce di importante potenzialità che l'Umbria possiede e di altri punti di forza che può vantare". Lo afferma, il presidente della Camera di commercio dell'Umbria, Giorgio Mencaroni, nel video "Il Punto del Presidente", curato dall'Ufficio Stampa e Comunicazione dell'Ente camerale.
    Mencaroni annuncia anche che "si stanno facendo importanti passai avanti nel lavoro per un provvedimento concertato tra Camera di commercio, Regione e, si spera, Università degli studi di Perugia, Università per stranieri, fondazioni e associazioni di categoria, per incentivare i giovani laureati a restare a lavorare nella regione".
    Secondo Mencaroni, "il modello umbro deve basarsi più sul 'software' che sull''hardware', nel senso che va innalzata la qualità dei processi e dei prodotti, rendendoli tecnologicamente più avanzati, più che puntare su complessi di industria pesante, non rispondenti a quell'equilibrio di sostenibilità ambientale che rappresenta non solo una vocazione identitaria della regione, ma anche una carta di competitività, sulle ali della transizione ecologica".
    Queste le sei "piaghe": "l'isolamento a causa dell'insufficiente dotazione infrastrutturale nel sistema della mobilità e dei trasporti. E qui Mencaroni si sofferma sulla necessità di completare il collegamento tra i porti di Ancona e Civitavecchia, visto che il 18% del trasporto merci oggi avviene via mare e l'Umbria gioca in questo asse viario un ruolo primario".
    La scarsità di investimenti privati in ricerca e sviluppo (R&S).
    "Nel 2019 - ricorda Mencaroni l'1,03% del Pil, contro l'1,46% del dato nazionale, con la spesa in R&S delle imprese che rappresenta in Umbria una percentuale assai ridotta della R&S totale, contro il 63,17% della media nazionale".
    "Il livello di digitalizzazione delle imprese sotto la media nazionale, anche se non di moltissimo (secondo i dati censuari dell'Istat la quota di imprese umbre con tre e più addetti impegnate nel triennio 2016-2018 in progetti di innovazione è pari al 36,4 per cento, contro il 38,4 per cento registrato complessivamente in Italia)".
    "La·bassa domanda di figure qualificate, con insufficiente capacità del sistema produttivo di assorbire e impiegare i laureati e sottoutilizzazione degli istruiti (nel 2020, nonostante le difficoltà di movimento a causa del Covid, si sono trasferiti all'estero, cancellando la residenza in Umbria, 552 laureati, contro 189 laureati che sono arrivati in Umbria dall'estero, per un bilancio negativo annuo per l'Umbria di 363 laureati, cui va aggiunto lo sbilancio negativo nel movimento dei laureati con le altre regioni italiane)".
    "Il decremento demografico e invecchiamento della popolazione (l'indice di vecchiaia, ossia il rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione di età 0-14 anni, nel 2021 è 217,2 in Umbria, 193,4 nel Centro e 183,3 in Italia)".
    "Il costo del credito, che in Umbria più elevato rispetto alla media nazionale. Nel terzo trimestre 2022 il tasso d'interesse (Tae) medio sui prestiti bancari erogati alle società non finanziarie e famiglie produttrici, escluse le ditte individuali, per esigenze di liquidità sono stati del 3,72% rispetto al 2,96% della media nazionale, con il Centro che presenta un tasso del 3,16%".
    Di fronte alle sei piaghe anche importanti punti di forza: "il posizionamento, connesso alla percezione ancora molto solida, di regione verde, poco popolata e con un alto livello di qualità della vita; l'attrattività delle splendide aree interne; le potenzialità assicurate dall'ottimo grado di istruzione medio, soprattutto femminile; la possibilità di rigenerazione di immobili, anche di pregio, a prezzi ragionevoli".
    Inoltre secondo Mencaroni, "ad eccezione del settore siderurgico, nel territorio sono poche le grandi industrie effettivamente capaci di scalare le filiere, ma non per questo non sussistono le condizioni per una strategia di sviluppo in settori innovativi come quelli della bio economia circolare, il digitale o le medicina 4.0. La dimensione, che apparentemente potrebbe sembrare un fattore di debolezza del territorio, rappresenta proprio uno dei punti di forza che rendono la nostra regione eleggibile per avere un ruolo adeguato all'interno di alcune traiettorie di sviluppo del piano nazionale. In quest'ottica l'Umbria è un territorio fertile per sperimentare dei modelli di riqualificazione di siti industriali dismessi basati su attività di specializzazione economica, che abbiano al loro centro sostenibilità e innovazione. Il tutto sempre nella consapevolezza dei limiti dimensionali dell'Umbria, ponendosi come 'partner sperimentale' di una strategia ben più ampia del sistema paese e quindi, come nel caso della bioeconomia circolare, come spoke di Hub più strutturati, secondo un modello che valorizzi al massimo un approccio sistemico". (ANSA).
   

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