(dell'inviato Claudio Salvalaggio)
Per la sesta volta in un anno il
mondo si riconta al Palazzo di Vetro e si schiera al fianco di
Kiev, isolando Mosca con una risoluzione perentoria passata con
141 sì, 32 astenuti (tra cui Cina e India) e 7 contrari (Mosca e
i suoi alleati). Quattro i punti: "La necessità di una pace
completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni
Unite"; l'impegno per la "sovranità, l'indipendenza, l'unità e
integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini
internazionalmente riconosciuti"; "la cessazione delle ostilità
e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze
militari russe dal territorio ucraino". Infine "la necessità di
garantire la responsabilità per i crimini più gravi commessi sul
territorio dell'Ucraina ai sensi del diritto internazionale". La
mozione non è vincolante ma ha un alto valore politico e
simbolico, anche perché l'Assemblea Generale è diventata
l'organo più importante dell'Onu che si occupa dell'Ucraina,
visto che il potere di veto di Mosca continua a paralizzare il
Consiglio di Sicurezza, che torna a riunirsi domani. Il voto dei
193 Paesi delle Nazioni Unite arriva alla vigilia del primo
anniversario dell'invasione russa in Ucraina, ma anche della
presentazione del misterioso piano di pace cinese e dei colloqui
informali "nella massima discrezione" in corso in Svizzera per
mettere fine alla guerra, come ha rivelato il ministro degli
Esteri elvetico Ignazio Cassis, avvisando però che una soluzione
imminente è molto difficile, "a meno di un miracolo". Fino
all'ultimo momento c'è stata l'incognita e la paura di un voto
contrario dell'India, che invece poi ha deciso di astenersi,
come aveva sempre fatto; tra le note positive il sì del Brasile
di Lula, mentre il Mali si è schierato stavolta con Mosca
bocciando il testo assieme a Siria, Bielorussia, Eritrea,
Nicaragua e Corea del Nord. Un no di New Delhi - che compra
energia e armi dalla Russia - sarebbe stato un grosso vulnus,
considerando il lungo corteggiamento Usa e che il gigante
asiatico ospiterà il prossimo G20. Ma dopo due giorni di
dibattito e di scontri anche aspri, alla fine sono state
rispettate le previsioni dei 75 Paesi co-sponsor della
risoluzione - tra cui l'Italia rappresentata dal ministro degli
Esteri Antonio Tajani - che prevedevano di incassare circa 140
sì, avvicinandosi all'esito delle tre precedenti mozioni più
generiche di condanna della Russia (143 il record lo scorso
ottobre). Ai no si sarebbe aggiunto anche il Venezuela, che non
ha votato perchè non in regola con le quote Onu, così come il
Libano, che invece era schierato per il sì. "Una grande vittoria
per la libertà", ha esultato Tajani commentando l'esito del
voto. Mentre sollecitava l'Europa ad avere "un ruolo più attivo
e costruttivo nella promozione dei colloqui di pace", Pechino è
stata chiara al Palazzo di Vetro: "L'integrità territoriale deve
essere rispettata, come pure i principi della Carta Onu. La
priorità fondamentale però è facilitare il cessate il fuoco e la
cessazione delle ostilità immediatamente", ha detto il vice
ambasciatore cinese Dai Bing, ribadendo che "dialogo e negoziati
sono l'unica via per risolvere la crisi". Kiev vuole vedere le
carte di Pechino ma è scettica sulla proposta di pace cinese,
temendo che "punti ad un congelamento della situazione attuale",
come ha spiegato l'ambasciatore d'Italia in Ucraina Pier
Francesco Zazo in un forum ANSA. E gli Usa lo sono ancora di
più, tanto da minacciare di rivelare informazioni di
intelligence che dimostrerebbero come Pechino stia considerando
l'invio di armi alla Russia, mentre aumentano il pressing sul
Dragone anche incrementando il numero di militari a Taiwan. Dopo
la crisi dei palloni-spia, Joe Biden rischia di smarrire il
dialogo con Xi Jinping nel tentativo di staccarlo da Vladimir
Putin. E di dover fare i conti anche con un fronte europeo
compatto finora nel sostenere Kiev ma diviso sul possibile esito
del conflitto, con il blocco dell'est che vuole la capitolazione
del Cremlino ed altri Paesi come la Francia e la Germania
convinti, come gli Usa, che sia irrealistica una riconquista
totale dei territori ucraini, a partire dalla Crimea.
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