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Agricoltura: distretti cibo Marche tra bio e prossimità

Nuovi criteri Regione. Carloni, più grande distretto biologico

   Fare delle Marche il più grande distretto nazionale del biologico: a disposizione 100 mila euro per la sua costituzione e avvio, poi bandi mirati del Programma di sviluppo rurale, con 25 milioni di euro, per il 2021, destinati alle aziende che producono biologico, più altri 18 milioni riservati alle filiere di qualità e ai prodotti locali.
    E' l'obiettivo della Regione. Quello del biologico è uno dei tre Distretti del cibo individuati dalle Marche, la "terna" i Distretti dei prodotti certificati (aree territoriali che si identificano con le indicazioni geografiche e di origine) e dei prodotti di prossimità (forte interazione delle imprese agricola con quelle della trasformazione e ristorazione).
    Il vicepresidente e assessore all'Agricoltura Mirco Carloni ha presentato i nuovi criteri regionali per il riconoscimento dei Distretti del cibo. Previsti dalla legge 205 del 2017, rappresentano uno strumento e un modello per valorizzare l'agroalimentare italiano, che supera i tradizionali distretti rurali e quelli agroalimentari di qualità, precedentemente individuati dal legislatore. Il riconoscimento dei Distretti passa attraverso le Regioni: le Marche hanno ridefinito i criteri, in accordo con i partecipanti del Tavolo politico strategico, per puntare a costituire i primi distretti della regione; in comune hanno la volontà di valorizzare le migliori pratiche di gestione agroalimentare maturate sul territorio.
    La domanda di riconoscimento sarà gestita con una procedura automatizzata sul Siar (Sistema informativo agricolo regionale), per rendere semplice l'adesione degli imprenditori agricoli. Una volta riconosciuto, il distretto opererà sulla base di uno specifico accordo; la Regione istituirà un elenco regionale, comunicandolo al Ministero delle politiche agricole e monitorerà poi la loro attività e sosterrà i distretti riconosciuti.
    Possono chiedere il riconoscimento del Distretto le aziende agricole singole e associate, le organizzazioni dei produttori, oltre a soggetti pubblici e privati. Ciascuno potrà partecipare a un solo Distretto del cibo della medesima tipologia.
    Il patrimonio enogastronomico marchigiano comprende 37 certificazioni (21 vini) e più di 100 prodotti commercializzati con il marcio regionale "QM - Qualità garantita nelle Marche".
    Oltre a questi regimi di qualità che prevedono la certificazione del prodotto, vanno considerati 154 prodotti iscritti nell'elenco dei prodotti tradizionali e dieci presidi Slow Food.
    "Le Marche puntano a diventare la regione più biologica d'Italia - ha rimarcato Carloni - Vogliamo valorizzare al massimo questa opportunità che abbiamo, che deriva da decine di anni di lavoro da parte dei nostri agricoltori: veri custodi della terra che hanno saputo coltivare e mantenere le biodiversità, praticando un'agricoltura sostenibile. Tutto questo - ha aggiunto - ci porta a essere la regione che ha la maggiore percentuale di produzione biologica (circa il 23% della complessiva), su una superficie di 110 mila ettarati.
    Registriamo, non a caso, la crescita più significativa del numero di produttori che si dedicano al bio e dei consumi del biologico sulla media nazionale".
    Ciò, ha sottolineato il vice presidente, "testimonia come il biologico sia qualcosa di molto radicato nella nostra regione.
    Per valorizzarlo e farlo diventare un elemento di forza delle Marche richiede la costituzione del distretto biologico più grande d'Italia". Secondo Carloni "è la direzione giusta per difendere le nostre produzioni, trasformandole in un'occasione di promozione dell'agricoltura regionale e di valore aggiunto sul fronte turistico". (ANSA).
   

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