"Lo dico da cittadino italiano
prima ancora che da avvocato. Si è chiesto l'ergastolo nei
confronti di una persona incensurata che ha trascorso sette anni
d'inferno, sull'assoluta mancanza di prove. Al contrario ci
sono evidenti prove di innocenza del povero Giacomo". È iniziata
con queste parole davanti alla Corte d'Assise di Brescia
l'arringa dell'avvocato Luigi Frattini, difensore di Giacomo
Bozzoli, unico imputato per l'omicidio dello zio Mario,
l'imprenditore bresciano svanito nel nulla la sera dell'8
ottobre 2015 nella sua fonderia a Marcheno.
"Se alle 19.12 Mario alla moglie dice che doveva fare la
doccia per poi raggiungerla a casa, perché la moglie lo cerca
solo dopo le 22? Probabilmente - ha proseguito il legale -perché
in quella telefonata lui aveva detto che avrebbe fatto tardi. E
non perché doveva soffermarsi a parlare con chi era in fonderia,
ma perché aveva un impegno. Doveva uscire dall'azienda per
incontrare qualcuno" ha spiegato il difensore dell'imputato
riferendosi alle ultime ore di vita della vittima.
"Già allora - ha detto ancora - dovevano essere fatte
indagini sui rapporti che Mario Bozzoli aveva con colleghi e
concorrenti".
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