Paolo Petroni
Uno spettacolo dalle immagini forti,
estetiche e carnali, come sempre nei lavori di Stefano Napoli,
qui meno misteriose e intimamente poetiche e più illustrative di
altre volte, anche perché ''Life for sale'' (Vita in vendita),
nato come performance provocatoria in un museo, il Macro di
Roma, è stata ora proposta all'aperto, nel giardino
dell'Accademia Filarmonica Romana, primo appuntamento di agosto
della rassegna ''I solisti del teatro''.
Napoli mette in scena, spinge sul palcoscenico la figura
dell'artista (un sofferto Filippo Metz), di un artista
soggiogato e come prigioniero della sua dolorosa necessità
creativa e, assieme, preso al laccio da chi vive alle sue spalle
e specula sul suo lavoro (un severo e ironico Luigi Paolo
Pantano). E' così schiacciato dalle opere che deve produrre di
continuo in una sorta di di sfida, di corrida con se stesso e
col mondo che alla fine ha la meglio, lo sfrutta, lo usa, lo
adopera e quando lo ha spremuto lo mette all'asta, vende l'uomo,
non più l'opera al miglior offerente, schiavo creativo che può
dar lustro a ville e salotti. L'artista divenuto oggetto come
oggi si vendono le persone all'asta dei like sul web, ognuno se
stesso tra selfie e tentativo di essere influencer. Ma a questo
mondo reificante, alla fine, l'artista, la cui libertà per
definizione è solo retorica, riesce a lanciare comunque il suo
sberleffo dall'alto di un traliccio dove è come scappato,
messosi in salvo forse in un sogno, sostenuto dalla musica
pressante del meraviglioso violino di H.E.R.
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