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Giuseppe Modica e la sacralità dell'Atelier

Giuseppe Modica e la sacralità dell'Atelier

Al Museo Andersen 37 opere raccontano 30 anni di carriera

ROMA, 23 giugno 2021, 14:26

Redazione ANSA

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E' la condivisione generosa di quel luogo sacro, contemplativo e solitario, di magica e segreta creazione dell'arte dal caos della realtà, che è il proprio studio per ogni artista il fulcro della mostra "Atelier" di Giuseppe Modica, ospitata a Roma negli spazi del Museo Hendrik Christian Andersen dal 23 giugno al 24 ottobre. A cura di Maria Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini, l'esposizione presenta 30 anni di carriera dell'artista, nato a Mazara del Vallo nel 1953 ma romano d'adozione, attraverso una serie di lavori, 37 in totale, realizzati dal 1990 fino al 2021. Il percorso si apre con "Omaggio ad Antonello", opera che celebra Antonello da Messina e in particolare il S. Girolamo nello studio, nella quale Modica ritrae se stesso mentre dipinge: subito quindi si sottolinea la volontà di aprire metaforicamente il proprio atelier a chi guarda, trovando nella rappresentazione di questo spazio così privato per ogni artista anche il legame con Andersen (nella casa-museo grande parte è occupata proprio dal laboratorio in cui operava lo scultore norvegese-americano). "Ho riflettuto molto sull'atelier, a partire dalla spazialità de Las Meninas, capolavoro di Velasquez, e omaggiando Antonello da Messina, pittore straordinario autore di San Girolamo nello studio, quadro che è una mia ossessione. L'atelier per me condensa l'aspetto meditativo e riflessivo: in pittura non c'è quell'attimo fatale come accade in fotografia con lo scatto", spiega all'ANSA Giuseppe Modica durante la presentazione della mostra, "Nella pittura c'è il tempo della meditazione, della addizione e sottrazione, in cui reinventi e rimediti il dato reale e di memoria. Per questo la pittura non morirà mai, perché è legata alla condizione umana".
   

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