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Molinari e il sogno Ryder Cup, voglio esserci

"Complimenti da Donald dopo Hero Cup. Woods importante per Usa"

Redazione ANSA ROMA

Federico Colosimo (ANSA) - ROMA, 16 GEN - Il sogno da realizzare: giocare la Ryder Cup a Roma. E poi la soddisfazione di essere stato, insieme a Guido Migliozzi, tra gli artefici del successo del team dell'Europa Continentale nella prima edizione della Hero Cup ad Abu Dhabi. Quindi, l'ipotesi di tornare a vivere in Italia e a Torino. E ancora; i prossimi appuntamenti da giocare, la voglia di riscatto dopo anni di difficoltà, i complimenti di Luke Donald, un pensiero su Tiger Woods e il suo punto di vista su Superlega araba e world ranking. In una intervista all'ANSA Francesco Molinari svela desideri e obiettivi del 2023.
    "Primo tra tutti, la Ryder Cup. Giocarla nel mio Paese sarebbe fantastico e farò di tutto per esserci", racconta il piemontese, unico azzurro a vincere un Major, il The Open nel 2018.
    "L'affermazione nella Hero Cup, nella doppia veste di capitano-giocatore, è stata importante. Un'esperienza interessante e impegnativa anche dal punto di vista delle energie. Bello essere uscito imbattuto con Perez, Nicolai Hojgaard e Migliozzi, dal confronto. Io e Guido abbiamo fatto vedere cose interessanti e a Roma vogliamo esserci. Ho ricevuto i complimenti di Luke Donald, capitano del team Europe. Mi ha detto che è stato bello vedermi giocare in questo modo. Da quando è stato scelto come capitano, ho avuto con lui contatti costanti".
    Negli Emirati Arabi Uniti, Molinari ha risposto con le prodezze sul campo alle non verità di un hater, che alludeva a presunti problemi familiari. "Per quel che riguarda le critiche sul Molinari giocatore, non ho mai fatto obiezioni. Mi sono sempre preso le mie responsabilità ma mettere in mezzo la mia famiglia è scorretto". Da tallone di Achille a risorsa. Se nella prima parte della sua carriera, gli eventi match play, non hanno sorriso al totem del golf azzurro, dal 2018 si sono trasformati in carta vincente. "Dalla Ryder Cup di Parigi - spiega Molinari - i numeri in queste competizioni sono dalla mia parte".
    Ryder Cup ma non solo. Perché nel 2023 l'obiettivo di Molinari è quello di tornare a giocare sui livelli di un tempo.
    Il successo, in una gara individuale, manca dal marzo 2019 quando riuscì a imporsi sul PGA Tour nell'Arnold Palmer. "Dal punto di vista fisico sono in forma, mi sono allenato molto e negli Emirati Arabi Uniti ho avuto segnali incoraggianti". Sulle ali dell'entusiasmo, "Laser Frankie" - così lo hanno soprannominato in Inghilterra dopo il suo anno d'oro, il 2018 - si prepara a tornare subito in campo. "Dal 19 al 22 gennaio prenderò parte all'Abu Dhabi HSBC Championship e poi giocherò anche l'Hero Dubai Desert Classic, seconda gara delle Rolex Series del DP World Tour 2023. Quindi tornerò in America e, dopo una settimana di riposo, sarò sul PGA Tour per il Phoenix Open e il The Genesis Invitational".
    Sulla vicenda di quei golfisti europei, da Sergio Garcia a Lee Westwood, che hanno scelto la Superlega araba e che pertanto rischiano di essere estromessi dalla Ryder Cup, Molinari ha un atteggiamento prudente. "Non spettano a me queste decisioni ma il Vecchio Continente è in buone mani e può contare su campioni e giovani di talento. E' ovvio che chi ha scelto la LIV Golf sapeva, per quel che riguarda le qualificazioni alla Ryder e le classifiche mondiali, di avere la strada in salita". E a proposito di world ranking, nonostante le critiche da parte di diversi big della disciplina, a partire da Jon Rahm, il torinese crede che i criteri attuali siano quelli più giusti. "Ne ho parlato con mio fratello Edoardo che, al contrario di me, è uno molto bravo nelle statistiche. Mi ha detto che questo sistema di punti, peraltro da poco aggiornato, è quello più rappresentativo seppur non perfetto".
    La chiusura è dedicata a Tiger Woods. "La mia impressione è che in un modo o nell'altro sarà coinvolto dagli Usa per la Ryder Cup di Roma. Woods è una figura troppo importante per il golf e per il team a stelle e strisce. Nel 2019 è stato il capitano degli Stati Uniti durante la Presidents Cup. Con lui tutti i giocatori si sentono più protetti, al sicuro". (ANSA).
   

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