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Al Maxxi la lunga Purple Line di Hirschhorn

Personale da 118 opere collage per "rileggere" il mondo

di Daniela Giammusso ROMA

ROMA - "Sì, sono un artista impegnato. Impegnato nel rispetto delle mie opere e del lavoro. Ma penso che questo valga per qualsiasi artista e anche per i musei, che sono impegnati nella loro missione di mostrare l'arte". Così Thomas Hirschhorn, tra i più noti al mondo, presenta The Purple Line, la lunga parete viola alta sei metri e lunga oltre 250, ideata per presentare Pixel-Collage, monumentale serie di 121 opere realizzate tra il 2015 e il 2017. Dal 20 ottobre e fino al 6 marzo, al Maxxi ne sono esposte per la prima volta insieme 118 (la n.86 resterà in collezione), in arrivo da 21 prestigiose realtà private internazionali, istituzioni e gallerie, in una grande personale curata da Hou Hanru e Luigia Lonardelli, che letteralmente si impone e attraversa la Galleria 3 del museo disegnato da Zaha Hadid, tagliandone gli spazi tra angoli e bruschi cambiamenti di direzione.

"Ho sempre amato fare i collage. Amo mettere insieme cose che non dovrebbero stare insieme", spiega l'artista svizzero, che al Maxxi accosta immagini forti di corpi mutilati in zone di guerra o violente istantanee di stragi e conflitti raccolte sul web a fotografie pubblicitarie di moda provenienti da riviste patinate. Al contrario di ciò che accade normalmente sui media, le ultime, nate proprio per catturare l'attenzione, sono pixellate, mentre le prime sono visibili in tutto il loro orrore, senza filtri ne' censure, spesso anche in grandi formati. Il risultato, "ha un impatto travolgente - dice la presidente della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri - Una sfida al limite di questa istituzione e questo spazio. D'altronde, guardare in modo diverso la realtà è anche un modo diverso per viverla. Con queste opere capiamo che dobbiamo riaprire gli occhi, la coscienza, la nostra consapevolezza. Hirschhorn ci fa vedere fuori quello che siamo anche dentro". Il pixel diventa infatti lo strumento che connette e crea legami tra le cose, tra bellezza e crudeltà, accorcia la distanza tra due realtà apparentemente opposte eppure contemporanee del mondo in cui viviamo. Un'epoca ricca di contraddizioni, dice lui, "caotica, complessa, crudele, incommensurabile, bellissima".

"Abbiamo iniziato a lavorare alla mostra prima della pandemia - racconta la Lonardelli - E' stato un lavoro, tra il 2015 e il 2017, quasi profetico, che ha preso sempre più chiarezza. Ognuno ha una sua Purple Line, che è il limite che possiamo vedere. La mostra parla di quello che arriva veramente al nostro occhio". Un invito, aggiunge Hanru "a cambiare il modo di guardare le opere e il mondo". L'intento è tutt'altro che estetico. "I miei collage sono un impegno verso l'universalità del mondo - dice Hirschhorn, a Roma già da tre giorni - Sono contro il particolarismo, contro l'informazione, contro la comunicazione, contro i fatti e contro le opinioni. Mettere o rimuovere ogni pixel, o addirittura scomporlo in pixel più piccoli, è una decisione. Una decisione politica". In questa mostra, aggiunge, "il contatto tra noi, le opere e i nostri occhi è lasciato diretto. Nessuno ci dice cosa io possa vedere e cosa no. In questi ultimi tempi abbiamo potuto vedere un numero sempre più crescente di immagini pixellate. A me non interessa tanto l'aspetto della censura, quanto l'invito alla mia mente a comprendere meglio, ad approcciare il mondo in maniera più astratta. Le mie opere sono proprio un invito all'astrazione. L'artista poi - conclude - per me è uno strumento, serve a ragionare sul tempo che io stesso vivo, sul mondo che io stesso abito e sulla realtà che mi circonda. Anche La Purple Line è uno strumento. Ed è il mio compito di artista e del museo mostrare il valore dell'arte proprio come strumento".

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