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L' arte e l' eredità del passato, avanti guardando indietro

L' arte e l' eredità del passato, avanti guardando indietro

A Galleria Erica Ravenna contemporanei a specchio con i classici

ROMA, 30 aprile 2021, 17:21

(di Luciano Fioramonti)

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 L' arte contemporanea legata a doppio filo con l' eredità di un passato millenario glorioso, una relazione sui cui si fonda l' identità culturale italiana. Nello sguardo moderno degli artisti trova spazio un richiamo all' antico in un intreccio che soprattutto a partire dagli anni Sessanta, nell' epoca segnata dalla volontà di rompere con la tradizione, rappresentò una fonte straordinaria di ispirazione.
    Su questo rapporto e su come il clima nuovo favorì la rielaborazione e la citazione dei modelli classici si concentra la mostra ''L' uomo e l' arte' con cui Erica Ravenna inaugura la nuova sede della sua galleria, nel quartiere ebraico di Roma dopo decenni di 'militanza' cominciata nel 1992 nel piccolo spazio di via Margutta con ''La misura italiana'', che comprendeva artisti come Giacomo Balla, Alberto Burri, Piero Dorazio, Gino De Dominicis e Giorgio Morandi.
    Una quindicina le opere esposte fino al 10 luglio prossimo: in una sala due tele emulsionate di Mario Schifano intitolate ''Particolare di Pittura Italiana'' del 1971 e ''Ore 21:30: i maestri del Novecento'' dell' anno successivo, si confrontano con la natura morta di Giorgio De Chirico del 1945; ecco poi Le Mimesi in gesso e in fotografie a colori di Giulio Paolini (1975) accostate all' Odalisque di Ingres, di cui è esposto una dei nove esemplari esistenti della litografia originale del 1825; di Jannis Kounnellis due lavori del 1974, l' istallazione Senza Titolo e 'la Morte di Marat' con il richiamo al capolavoro di David; e infine la stanza dedicata a Gino Marotta con le tre grandi serigrafie del 1971 della Venere Artificiale, celebrata dall' artista usando plastica colorata e materiali di imballaggio, a specchio con la Xilografia originale 'Venere e Amore' del 1506 di Lucas Cranach il Vecchio, concessa per questa esposizione dai Musei Civici di Pavia.
    ''Aprire oggi, in un momento così difficile - spiega Erica Ravenna - è il punto di partenza di un percorso cominciato di tanti anni fa, il consolidamento di un approccio che ha caratterizzato tutta la mia storia, mantenendo il legame con un contenuto che negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con la enorme velocizzazione imposta dai media che ha comportato una maggiore superficialità togliendo tempo alla riflessione e all' approfondimento''. Proprio oggi, invece, gli spazi privati dovrebbero svolgere un ruolo più attivo ed efficace, prestandosi ''ad accogliere un pubblico 'rarefatto', e diventare un ambiente di scambio e di incontro aperto appunto alla riflessione, che consente di prendersi il tempo per guardare e approfondire. Le opere vanno viste da vicino''.
    Erica Ravenna sta lavorando sistematicamente per la rivalutatazione Gino Marotta, ''artista totalmente misconosciuto, che ha realizzato un ciclo di opere di citazione della storia dell' arte, una strada percorsa da molti artisti negli anni Sessanta. La matrice classica della nostra storia è stata importantissima nello sviluppo della nostra identità culturale però forse fino ad oggi non ha avuto il rilievo adeguato''. La mostra vuole contribuire a riportare l' attenzione su questo tema: ''Andare avanti guardando indietro, ma il nostro indietro ha un valore enorme, non significa aderenza al passato ma la possibilità di sviluppare una nuova interpretazione della realtà. Sono rimasta colpita dall' atteggiamento ingenuo di tanti giovanissimi artisti che rifiutano programmaticamente il rapporto con il passato per non essere influenzati''.
   

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