Le ondate di calore marino
colpiscono anche i fondali e possono essere perfino più intense
e durature di quelle che interessano le acque più superficiali:
lo dimostra la prima analisi completa delle ondate di calore
marino, condotta sulle acque che ricoprono la piattaforma
continentale del Nord America e che rappresentano un habitat
cruciale per molte specie di valore sul mercato come aragoste e
merluzzi. Lo studio è pubblicato su Nature Communications da un
team di ricercatori guidato dall'Agenzia statunitense per lo
studio degli oceani e dell'atmosfera (Noaa) a cui ha partecipato
anche l'italiana Antonietta Capotondi, oceanografa fisica presso
il Noaa e l'Università del Colorado a Boulder.
"I ricercatori stanno studiando le ondate di calore marino sulla
superficie del mare da oltre un decennio", spiega il primo
autore dello studio, Dillon Amaya del Noaa. "Questa è la prima
volta che siamo in grado di immergerci davvero più in profondità
e valutare come questi eventi estremi si svolgono lungo fondali
marini poco profondi".
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