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Scoperti batteri che non evolvono, immutati da milioni di anni

Scoperti batteri che non evolvono, immutati da milioni di anni

Cambia l'interpretazione dell'albero della vita

19 aprile 2021, 11:22

Redazione ANSA

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Il batterio Candidatus Desulforudis audaxviator (fonte: Luc Riolon) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il batterio Candidatus Desulforudis audaxviator (fonte: Luc Riolon) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il batterio Candidatus Desulforudis audaxviator (fonte: Luc Riolon) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Scoperti dei microrganismi che si ribellano all'evoluzione: sono i batteri della specie Candidatus Desulforudis audaxviator, veri e propri 'fossili viventi' che risultano praticamente immutati da 175 milioni di anni. Vivono nel sottosuolo di diversi continenti e traggono energia dalle reazioni chimiche generate dal decadimento radioattivo dei minerali: straordinariamente capaci di proteggere il loro Dna dalle mutazioni, potrebbero riscrivere la nostra comprensione dei meccanismi dell'evoluzione. Lo suggerisce lo studio pubblicato su ISME Journal da un gruppo di ricerca internazionale guidato dal Bigelow Laboratory for Ocean Sciences negli Stati Uniti.

“Questa scoperta ci dimostra che dobbiamo fare attenzione quando avanziamo ipotesi sulla velocità dell'evoluzione e sul modo di interpretare l'albero della vita”, spiega il primo autore dello studio, Eric Becraft. “E' possibile che alcuni organismi vadano incontro a sprint evolutivi e che altri avanzino più lentamente, rendendo difficile stabilire delle cronologie molecolari affidabili”.

Gli esperti la chiamano 'stasi evolutiva', quella in cui sembrano trovarsi i batteri Candidatus D. audaxviator. I primi esemplari sono stati identificati nel 2008 a quasi tre chilometri di profondità in una miniera d'oro del Sud Africa, all'interno di cavità piene d'acqua che formavano un ecosistema del tutto indipendente, senza luce del sole o altri organismi viventi. Considerata l'unicità di questi microbi, i ricercatori hanno provato a cercarli anche in altri luoghi, scoprendoli in altre miniere sudafricane, ma anche nel sottosuolo della Siberia e della California.

Analizzando il genoma di 126 batteri recuperati nei tre continenti, è emerso che erano tutti pressoché identici, nonostante vivessero in condizioni ambientali differenti. Esclusa ogni possibilità di spostamento dei batteri o di contaminazione dei campioni, “la migliore spiegazione che abbiamo al momento è che questi microbi non siano cambiati da quando i loro ambienti si sono separati con la rottura del supercontinente Pangea, circa 175 milioni di anni fa”, afferma il microbiologo Ramunas Stepanauskas. “Sembrano dei fossili viventi: pare assurdo, è qualcosa che va contro la nostra idea di evoluzione dei microrganismi”. Basti pensare alla velocità con cui si sviluppano batteri resistenti agli antibiotici.

I ricercatori ipotizzano che i Candidatus D. audaxviator abbiano sviluppato potenti meccanismi di conservazione del codice genetico, come un super efficiente enzima addetto alla replicazione del Dna che in futuro potrebbe trovare applicazione nelle biotecnologie per il sequenziamento, i test diagnostici e la terapia genica.

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