"Dai provvedimenti del giudice
Livatino appare nitida la sua profonda conoscenza del fenomeno
mafioso e ciò nonostante il fatto che, all'epoca in cui aveva
svolto funzioni inquirenti in un territorio, come quello
agrigentino, dove operavano diverse consorterie criminali, non
avesse potuto contare sull'ausilio delle informazioni dei
pentiti. Il contributo di questi ultimi avrebbe agevolato, anche
in quel territorio, la ricostruzione delle connotazioni
strutturali, degli assetti gerarchici e delle dinamiche interne
ed esterne, nonché delle strategie e del modus operandi delle
cosche, ma il contesto socio - culturale nel quale egli viveva e
lavorava, particolarmente ostile, omertoso e poco incline al
fenomeno del pentitismo non favoriva alcuna forma di
collaborazione con la giustizia". E' quanto si legge nella
Relazione Livatino messa a punto dal XX Comitato della
Commissione parlamentare antimafia, che oggi pomeriggio verrà
approvata.
"La sua profonda conoscenza della provincia agrigentina ed in
particolare della cittadina di Canicattì ove egli viveva con i
genitori - scrivono i relatori, l'ex procuratore nazionale
antimafia Grasso e l'on Cantalamessa - il suo attento studio e
rigoroso approfondimento delle vicende che gli venivano
sottoposte, quale traspare dalla lettura dei provvedimenti da
lui vergati a mano, uniti al suo essere un giudice estremamente
accorto e competente, gli consentivano di comprendere a fondo il
significato delle vicende che doveva giudicare. Ma era il suo
ben noto coraggio di assumere decisioni adeguate alla realtà che
era chiamato a valutare a renderlo un avversario estremamente
temibile ed infatti fortemente avversato dalle organizzazioni
criminali che in quel territorio operavano". La Commissione
antimafia ha reso liberamente consultabili alcuni provvedimenti
adottati dal Magistrato Rosario Angelo Livatino dall'avvio della
sua carriera fino al giorno della sua uccisione. Il magistrato è
stato beatificato il 9 maggio scorso.
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