Il 97% degli italiani ritiene che la
didattica a distanza avrà conseguenze sociali sui giovani e il
96% ritiene che avrà anche conseguenze sul piano psicologico.
Per quanto riguarda la conseguenze sociali, il 44% ritiene che
saranno di lunga durata, con preoccupazioni più accentuate
registrate al Nord Est (50%), nel ceto medio-basso e popolare
(49%) e tra le donne (48%), mentre il 42% ritiene che si
risolveranno con il ritorno alla normalità. Opinioni analoghe,
ma con un tono di maggior pessimismo, per le conseguenze sui
giovani dal punto di vista psicologico. Il 52% ritiene che
dureranno a lungo (59% tra gli under 30, 58% al Nord Est),
mentre il 36% pensa che si risolveranno tronando alla normalità
(40% tra gli uomini e tra chi non ha figli). E' quanto emerge da
un sondaggio condotto nell'ambito dell'Osservatorio Legacoop,
ideato e realizzato dall'AreaStudi dell'associazione insieme con
il partner di ricerca Ipsos.
Restringendo il campo di indagine a genitori e nonni, le
opinioni restano dello stesso segno rispetto al totale della
popolazione. Il 72% degli intervistati è preoccupato per le
conseguenze sociali (l'83% tra gli under 30, l'80% nel ceto
popolare); in particolare, gli abbastanza preoccupati sono il
43%, i molto preoccupati il 29%. Riguardo alle conseguenze
psicologiche, esprime preoccupazione il 69% degli intervistati
(78% nel ceto medio basso, 76% di under 30), con il 40%
abbastanza preoccupato ed il 29% molto preoccupato.
"Nel nostro paese gli investimenti nell'istruzione erano
urgenti, e con questa crisi sono diventati essenziali - afferma
Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop - essenziali per la
ripresa, ma soprattutto per un rilancio del paese sul medio
lungo periodo. Il movimento cooperativo storicamente ricopre un
ruolo non marginale nei servizi educativi. Per questi motivi
stiamo fissando l'attenzione sul settore; ma per comprenderne le
prospettive occorre riflettere su quanto accaduto in questo
anno. Perché è utile vedere come l'istruzione è stata trattata,
le problematiche e le soluzioni che sono emerse, le ricadute
sulle famiglie e, soprattutto, sui nostri concittadini più
giovani. È come se si fossero palesati tutti insieme
contraddizioni, divari, arretratezze accumulate in decenni, e
che dobbiamo risolvere con l'investire sulle migliori esperienze
e competenze che esistono in questo settore".
Il sondaggio si è poi rivolto specificamente ai genitori di
bambini in età infantile, per testare la percezione delle
conseguenze legate alla chiusura degli asili nido e delle scuole
dell'infanzia sul piano economico-sociale, dello sviluppo dei
bambini e in termini di carico di cura sulla famiglia.
Per il 92% degli intervistati la chiusura di asili nido e scuole
dell'infanzia rappresenta un problema economico-sociale
rilevante e per il 72% (84% tra gli under 30) avrà conseguenze
di medio-lungo termine sullo sviluppo dei bambini. Inoltre,
riguardo all'impegno di cura per i bambini, il 45% ritiene che
sia stato distribuito in egual misura tra entrambi i genitori
(tra gli uomini 55%, nel ceto popolare 57%), il 39% che sia
stato svolto dalle madri (49% tra le donne), l'8% dal nucleo
familiare allargato, il 7% dai nonni e l'1% dai padri.
Da notare che, su questo punto, le opinioni di madri e padri
sono opposte. Per il 52% della madri la chiusura di asili nido e
scuole è ricaduta solo su di loro, per il 36% su entrambi i
genitori in egual misura, per il 7% sul nucleo familiare
allargato, per il 5% sui nonni e per lo 0% sui padri. Invece,
per il 61% dei padri la cura dei figli ha coinvolto in egual
misura entrambi i genitori, per il 26% le madri, per il 7% il
nucleo familiare allargato, per il 4% i nonni e per il 2% solo i
padri.
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