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'Una storia per Euridice' di Luisa Guarro vince il premio di produzione del Teatro TRAM 'Regista con la A'

L'opera è interpretata da Chiara Orefice

(ANSA) - NAPOLI, 30 GIU - 'Una storia per Euridice' di Luisa Guarro vince il premio di produzione del Teatro TRAM "Regista con la A" L'assegnazione è stata comunicata così sul profilo facebook del Teatro: Il progetto vincitore del bando "Regista con la A" è "Una storia per Eduridice" di Luisa Guarro.
    L'opera è stata scritta e diretta da Luisa Guarro. Interpretata da Chiara Orefice, disegno luci Paco Summonte. Scenografia, costumi e scelta musicale e progetto video di Luisa Guarro. La giuria del premio ha molto apprezzato la notevole qualità della messinscena, tanto elegante quanto intensa, la grande bravura dell'attrice che ha unito la danza al canto, la riscrittura del mito in chiave contemporanea che attualizza il personaggio senza snaturarlo.." La stessa regista e autrice del testo spiega che "Euridice, la bellissima ninfa arborea protagonista del mito di Orfeo, non ha una sua storia. Di lei sappiamo solo che, amatissima dal divino musico, con la sua morte prematura ne provoca uno straziante e poetico dolore e la discesa agli inferi. Nella versione di Virgilio e Ovidio, si accenna al fatto che la ninfa corre nel bosco senza prestare attenzione e viene morsa da una vipera, per sfuggire all'allevatore di api Aristeo, che vuole possederla. Questo particolare dell'inseguimento fa di lei un esempio antico di vittima della violenza maschile e da qui parte la fantasiosa ricostruzione.
    Nella storia proposta, prima di incontrare Orfeo, Euridice è una giovane donna della provincia napoletana, vivace, molto bella, sensuale e sfrontata, una ninfa capace di sollecitare appetiti sopiti e libertà imprigionate e di mettere in discussione così l'ordine costituito, maschilista e patriarcale, basato su famiglia e monogamia. Euridice è figlia di una Quercia, che le impone rigide regole di comportamento, atte a farla accettare dalla comunità. Mal frenata e refrattaria alle regole, la fanciulla perde il suo ardore allorquando cade nella trappola della promessa di amore assoluto, che si trasforma nel "fidanzamento serio", prematuro e fagocitante, con l'allevatore Aristeo. Con Orfeo la ninfa, finalmente libera, conoscerà l'amore vero, quello tra esseri integri e autonomi". Le dinamiche socio-culturali e psicologiche si intrecciano nell’interpretazione proposta da Luisa Guarro: le figure genitoriali, che fungono da ponte tra le figlie e la società, spesso invece di presentare e tutelare le istanze di libertà e di essere autentico e specifico delle proprie figlie, le sacrificano e misconoscono, a favore delle richieste della comunità. Le profonde ferite narcisistiche provocate da questo misconoscimento predispongono le fanciulle a diventare succubi di amori violenti. Secondo una certa ipotesi l'amore violento è un amore tra persone affettivamente immature e va ricondotto a un difetto nel processo di identificazione primaria, che avviene per separazione, consentita dall’interiorizzazione della figura materna. Molti bambini sperduti nel vuoto della solitudine profonda si trasformano in uomini lupo, che, tormentati dalla mancata interiorizzazione della madre, vogliono fagocitare le fanciulle amate per colmare quell'assenza interiore. Le fanciulle che presentano per certi versi lo stesso difetto di interiorizzazione dal canto loro accettano di farsi fagocitare in cambio della promessa di amore assoluto e riparatore della ferita originaria. Ma una volta depauperate dalla fagocitazione, annullate e poco attraenti, diventano trasparenti anche agli occhi degli uomini per cui si sono sacrificate, la promessa di amore assoluto viene disattesa, allora le donne deluse tornano ad essere libere e lucenti, il desiderio degli uomini lupo si riaccende e con esso la promessa, in un circolo vizioso senza fine.. Lo spettacolo è un monologo in napoletano e italiano, in linea con il bilinguismo campano, un virtuoso gioco di cambi di voci e personaggi, di umori e direzioni del dire e del sentire, di danze e canti d’amore disperato. È una riflessione sulla condizione delle donne che perdono la loro natura di ninfe, di spiriti liberi e si trasformano in piante, radicate e immobili, incapaci di volare, con una silenziosa e impercettibile vita costretta da membra legnose, come complementi d'arredo in ristrette porzioni di mondo, la famiglia prigione, la casa.."(ANSA).
   

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