Oltre 31mila euro sono stati
sequestrati dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando
provinciale di Cosenza, in esecuzione di un decreto preventivo
del gip, nei confronti dell'ex comandante provinciale dei Vigili
del fuoco Massimo Cundari, imputato di concussione e falsità in
atti pubblici, reati per i quali era stato arrestato il 23
giugno 2020. Il provvedimento, emesso su richiesta della Procura
di Cosenza, è finalizzato al sequestro della somma di 31.470
euro, ritenuta di provenienza ingiustificata ed in valore
sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, nonché di
ulteriori 8.500 euro che per l'accusa costituiscono il profitto
della concussione ai danni di un imprenditore.
Dalle indagini è emerso che Cundari avrebbe costretto il
titolare di un'azienda specializzata nell'installazione di
impianti e nella vendita di Gpl, a promettergli 15.000 euro per
concludere il procedimento amministrativo per il rilascio delle
autorizzazioni, oltre che per falsificare la documentazione
sulla idoneità dei dipendenti dell'azienda all'incarico di
addetto antincendio, senza svolgere il previsto esame davanti
alla commissione presieduta dallo stesso Cundari.
Secondo l'accusa, l'allora comandante dei Vigili del fuoco
aveva obbligato l'imprenditore a consegnargli personalmente, in
più circostanze a partire dalla fine del 2018 e fino al 5 giugno
2020, 8.500 euro, quale pagamento della somma totale pattuita.
Inoltre avrebbe prospettato all'imprenditore, esplicitamente ed
implicitamente, le conseguenze negative di controlli di
competenza dei Vigili del fuoco sulla sua azienda, di ispezioni
in materia di misura anti-covid e in applicazione della
normativa per il controllo del pericolo di incidenti negli
stabilimenti di sostanze pericolose. Dagli accertamenti compiuti
dai carabinieri sui conti correnti intestati a Cundari, tra
gennaio 2018 e giugno 2020, sono stati registrati 54 versamenti
di somme contanti per complessivi 31.470 euro, la metà dei quali
per importi inferiori ai 1.000 euro. I versamenti sono risultati
essere eseguiti a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri
o, addirittura, nello stesso giorno, a riprova, secondo
l'accusa, della provenienza ingiustificata del denaro.
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